Alla Sala De Curtis è andata in scena la pièce "L'Invisibile"
Uno degli spettacoli selezionati dallo staff del Catania Off Fringe Festival, e ospitati in quest’occasione dalla Sala De Curtis, è stato L'invisibile, la storia toccante di Antonino Magazzù, clochard e poeta di strada conosciuto dagli abitanti di Catania e che ha ispirato diversi studenti universitari della città etnea, ai quali ha raccontato la sua storia.
La pièce è stata prodotta dall'associazione Ouroboros, ed è stata messa in scena dalla compagnia teatrale Pensieri Riflessi. Il testo si deve a Giovanna Valenti, studentessa promettente della Scuola Biennale di Storytelling di Viagrande Studios, la quale ha curato la regia insieme a Paola Marchese. Nei panni del protagonista abbiamo visto David Marchese. Hanno recitato anche Alessandro Marchese, Flavia Angioni, Alberto Pulvirenti, Francesco Rizzo.
Antonino Magazzù nasce il 16 gennaio del 1958, a Taormina. Nel 1988 consegue il diploma di infermiere professionale e si stabilisce a Cagliari per svolgere il suo primo impiego. È dunque un uomo come tanti, ben inserito nel tessuto sociale del nostro Paese. Ha una vita "normale", ordinaria ma piena. Svolge con passione e umanità il suo lavoro ed è sposato con una brava donna da cui aveva avuto un figlio. Al suo fianco la madre che ha ritrovato dopo i primi diciassette anni della sua vita, durante i quali aveva vissuto in orfanotrofio.
Nel 2011 la cooperativa per la quale Antonino lavora chiude i battenti e lui si ritrova disoccupato. Insieme a questo smarrimento si aggiunge la morte della madre. Un peso che lo spinge nei vortici della depressione e della ludopatia.
A 54 anni Antonino Magazzù perde tutto, ma sceglie di non arrendersi. Decide di andare a Roma, protestando davanti al palazzo di Montecitorio per il suo licenziamento. Cerca aiuto e risposte, tenta di riprendere la sua carriera da dove l'aveva lasciata, ma la capitale si rivela per lui in luogo ostile. Compie degli atti estremi per ricevere ascolto dalle autorità, come ad esempio quello di minacciare il suicidio a Roma davanti a ogni tipo di Istituzione. Non ottiene nessun ascolto.
Dopo aver lasciato Roma va a Napoli, ma anche qui riceve porte in faccia, oltre che il rifiuto da parte di altri esseri umani, persino dei senzatetto come lui, furti e violenze da parte di delinquenti che tolgono tutto a chi non ha nulla. A quel punto, per la prima volta nella sua vita, pensa davvero di uccidersi. Stavolta no, non è un atto provocatorio. Ma prima di compierlo sente nella sua testa la voce di sua madre. Allora desiste dal suo intento e decide di tornare nella città dove sua madre è morta: Catania. Se doveva finire i suoi giorni, doveva essere lì.
Ma il viaggio per arrivare a Catania, ovviamente, non poteva essere gratis e, dopo aver tentato invano di farsi aiutare dagli impiegati del Comune di Napoli, Antonino è costretto ad andare a Salerno con i mezzi e tornare poi a Catania a piedi, impiegando 27 giorni di cammino.
Ed è proprio a Catania che diventa un poeta di strada, scrive le sue poesie negli stessi cartoni che fungono per lui da coperta, inventa anche dei racconti. Scrivere lo aiuta a non impazzire. Ed è così che nasce "Invisibile", poiché questo è il nome che Antonino si dà quando inizia a inseguire il suo sogno.
Anche a Catania il clochard trova indifferenza, ma trova anche persone di cuore, le quali si fermano a leggere le sue poesie e alcuni, addirittura, gliele commissionano. I suoi versi sono pieni di umanità, tenerezza, ma anche di rabbia e tristezza. Arriva a scrivere su un cartello un messaggio di protesta, "Sciopero della fame forzato".
È in questo frangente che incontra Alessandro Marchese. Dopo un primo incontro in cui Alessandro tenta di offrirgli una pizza, i due si rincontrano poco tempo dopo e diventano amici. Il giovane propone ad Antonino di scrivere un libro di poesie, e all'assemblea d'istituto della sua scuola, lancia un nuovo progetto scolastico: scrivere un opuscolo con alcune delle poesie del signor Antonino e venderlo per le altre scuole, così da accumulare una piccola somma che potesse aiutarlo a vivere meglio. L'idea ha successo e viene accolta da molte scuole di Catania e provincia. Antonino non è più un invisibile, ma un sognatore sostenuto da giovani che sognano per lui e con lui.
L'opuscolo diventerà un libro e verrà pubblicato da una casa editrice. Oltre ad Alessandro, il poeta incontra anche Bruno, che gli trova un lavoretto e un alloggio, rendendolo parte attiva della sua famiglia.
Ad Alessandro viene anche l'idea di girare un docufilm sulla vita di Antonino, intitolato Sic parvis Magna (dalle piccole cose nascono le grandi), un vero mantra che è stato citato più volte durante la rappresentazione, e che rispecchia un po' il percorso della vita di un uomo che dal basso dei marciapiedi ha cominciato a fare dei passi in direzione del suo sogno, verso dopo verso, storia dopo storia, fino a realizzarlo.
Nel 2019 Antonino si spegne a causa di un infarto, viene trovato senza vita da Bruno. Aveva lasciato questo mondo già da cinque giorni. Viene seppellito al cimitero di Roccalumera, vicino alla tomba di sua madre, e nel suo borsone ci sono altre poesie. Inedite. Il docufilm sulla sua vita era già stato ultimato.
Ma la vera grandezza del finale di questa storia è che Antonino era tornato ad essere agli occhi degli altri (e nei loro cuori) quello che, molto spesso, gli ultimi e gli emarginati, non sentono e non credono più di essere: persone. Esseri umani unici nella loro essenza, così come unica è la loro storia di vita. E tutto questo grazie alla sua caparbietà, alle sue rime, che spesso erano gridi disperati di aiuto, ma anche a chi ha saputo tenergli la mano. Con la generosità che si annida nei cuori umili, specialmente in quelli dei giovani, i quali spesso sanno vedere l'oro nascosto dentro il cartone.
Ci sono stati momenti intensi durante la pièce, come quello in cui Antonino rivede il figlio, interpretato da Francesco Rizzo, che come tutti gli altri attori si è destreggiato nel palco in maniera encomiabile. La storia è stata raccontata con semplicità e sensibilità, tratteggiando in maniera efficace la personalità del protagonista, il suo carattere diretto ma umile e mite.
Il momento più emozionante della pièce è stato quello in cui il protagonista ha tirato fuori dal borsone un proiettore, lo ha puntato sul tetto e gli spettatori, guardando su, hanno visto le immagini delle stelle. Nello stesso istante David/Antonino comincia a indicare ogni stella con un nome proprio di persona. E a raccontare la storia di ognuno di quei nomi.
Lui, l'uomo senza più volto, quasi senza identità, l'uomo che era arrivato a chiamare se stesso “Invisibile”, ricordava invece i volti e i nomi di chiunque si fosse fermato qualche minuto a raccontarsi a lui, e loro erano il suo cielo umano, anche se non tutti ricordano il suo nome e il suo volto. Ecco perché è importante che la sua storia si diffonda tra i cittadini, non soltanto catanesi. Come una bella poesia, o una canzone popolare ricca di quelle parole semplici, poco forbite, ma che vengono dal cuore. Affinché la solitudine non uccida gli invisibili.
Francesca Sanfilippo