Il Professor Alberto Andronico ha presentato il suo ultimo libro sul tema della guerra

 


Venerdì 1 dicembre, nel tempio della Chiesa Valdese di Catania di via Naumachia 18/b, si è svolta la presentazione del libro "Protect me from what I want. Cinque lezioni sul carteggio tra Einstein e Freud", del Professore Alberto Andronico, docente di Filosofia del Diritto e di Teoria Generale del Diritto alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Catania. Ha dialogato con lo scrittore Francesco Sciotto, Pastore della Chiesa Valdese di Messina. L’evento è stato organizzato dalla Associazione Professor Salvatore Navarria, che gestisce la Biblioteca Navarria Crifò nei locali messi a disposizione nel teatro parte del medesimo complesso della Chiesa Valdese di Catania.

Una delle domande più importanti che il pastore, Francesco Sciotto, ha rivolto all'autore è stata:
«Perché ha scelto di introdurre gli argomenti del carteggio fra Einstein e Freud all'interno del suo corso di Filosofia del Diritto alla Facoltà di Giurisprudenza, al fine di introdurre gli argomenti del corso?».

Questa è stata la risposta di Andronico:

«Perché quando ho cominciato a riprendere in mano il carteggio era il 2022, ed era appena scoppiata la guerra tra L'ucraina e la Russia. Non mi sembrava giusto iniziare a trattare i classici temi della Filosofia del Diritto, senza analizzare quello che stava succedendo intorno a noi, nel mondo. Il Diritto è prima di tutto un fenomeno sociale, e cerco di far capire sempre ai miei studenti che non si può studiare Diritto senza riflettere sul contesto sociale dove esso s'innesta. Non si può indagare il diritto senza attenzionare altre regioni dello spirito, come ad esempio il senso di giustizia, il senso del potere, la natura stessa dell'uomo, compreso il suo rapporto con la guerra e con la pace. Vede, io credo che chi pensa di aver capito tutto del diritto, pur avendo studiato solo le nozioni inerenti a questa disciplina, in realtà non ha capito nulla. Chi studia solo il diritto, non conosce affatto il diritto».

In Protect me from what I want. Cinque lezioni sul carteggio tra Einstein e Freud, Alberto Andronico esamina un carteggio tra Albert Einstein e Sigmund Freud risalente al 1932, sul tema della guerra. È la Vienna degli anni '30, frequentata anche da altri nomi importanti del panorama intellettuale e culturale del ventesimo secolo, come il filosofo del linguaggio Ludwig Wittgenstein, e il pittore austriaco Gustav Klimt. L'anno seguente a quello in cui ha inizio il carteggio, Adolf Hitler sarebbe diventato cancelliere del Reich, e cinque anni dopo sarebbe scoppiato il Secondo Conflitto Mondiale. Era attivo in quegli anni, a Vienna, L'Istituto Internazionale di Cooperazione Intellettuale (IICI), organo della Società delle Nazioni (SDN), avente lo scopo principale di organizzare e tutelare le manifestazioni del lavoro intellettuale, specie nei suoi rapporti internazionali. La Società delle Nazioni si rivolge all'Istituto per consultarlo sul tema della guerra, chiedendo di individuare una personalità di spicco del panorama intellettuale dell'epoca, e invitarla a scegliersi un interlocutore e scrivere una lettera. Il Comitato dell'IICI sceglie Albert Einstein, il quale decide di iniziare una corrispondenza epistolare con Sigmund Freud. Il fisico tedesco introduce la sua lettera con una domanda semplice ma fondamentale, che rivolge a Freud:

«Come si fa a liberare gli uomini dalla follia della guerra?».

Da questa domanda, dalle risposte di Freud e dal dialogo che ne segue viene fuori un appassionante confronto ricco di digressioni e di riflessioni relative non soltanto alla guerra, ma in primis e soprattutto alla natura dell'essere umano. Una delle risposte che lo stesso Einstein dà alla sua domanda implica una soluzione talmente semplice da suscitare in lui stupore per il fatto che nessuno riesca a vederla. La soluzione sarebbe quella di mettere in piedi uno Stato Mondiale, o quanto meno un Tribunale Internazionale. Questa soluzione però, come si evince proseguendo con la lettura della parole di Einstein, incontra una difficoltà non di poco conto: si può anche istituire un tribunale nazionale ma poi bisogna dare un potere a questo tribunale.

Andronico e Sciotto (foto Eugenio Navarria)


Come ha anche ricordato il Professore Andronico, il diritto senza potere non ha senso, le due realtà sono inscindibili. Einstein sosteneva, nella sua lettera a Freud, che affinché il tribunale potesse acquisire potere decisionale in merito alla guerra, gli Stati avrebbero dovuto rinunciare alla loro sovranità, ma questi non hanno mai avuto alcun interesse a fare una scelta simile, nel corso della Storia, poiché chi detiene il potere, non lo cede facilmente. Inoltre il ceto economico dominante di una nazione è interessato ai vantaggi economici che il potere, e con esso la guerra, procurano. Ciononostante, ed è questa un'altra argomentazione che porterà Einstein alla risposta al suo quesito iniziale, le masse, che poi sono quelle che vanno a combattere in guerra al posto di coloro che decidono che quando questa è necessaria, sono molto più numerose degli uomini di potere. Avrebbero dunque la prerogativa di opporsi ai loro dettami, ma si lasciano infiammare dai loro discorsi politici. Einstein si chiede la ragione di tutto questo, e arriva alla conclusione che la loro spinta interiore è rappresentata dall'odio e la distruzione che albergano nell'uomo. Dopo aver affermati ciò, cede la parola al padre della psicanalisi, con l'umiltà e la semplicità, tipica di ogni grande mente eccelsa, di uno scienziato che sa qual è, e che dunque la conoscenza profonda della psiche umana la possiede che per mestiere la studia.

Inizia da questo momento un excursus di Sigmund Freud sul potere. Il medico, nonché padre della Psicanalisi, sostituisce la parola "potere" con un'ambigua parola tedesca, "Gewalt", il cui significato rimanda alla violenza ma anche alla forza necessaria per la difesa legittima. Freud sostiene che il potere sia in realtà un esercizio sregolato della forza, e partendo da questa certezza argomenta su quel l'istinto autodistruttivo dell'uomo che Einstein attribuisce al sentimento dell'odio, ma che per lui ha un nome: Thanatos. L'istinto di morte contrapposto all'Eros, che invece ci consente di preservare la vita, di unirci agli altri esseri umani e di riprodurci. L'uno non può esistere senza l'altro, anche se con la civilizzazione l'uomo placa la violenza contro i suoi simili. Viene facile per il lettore domandarsi, partendo dal presupposto che il Thanatos non può essere eliminato dalla natura umana senza che venga eliminato anche l'eros, se l'uomo potrà mai liberarsi del suo istinto autodistruttivo. Freud nella sua lettera risponde a questa e anche ad altre domande, come ad esempio quella sul senso della guerra, che il lettore potrà scoprire durante la lettura di carteggio che non regala un confronto ricco di spunti e riflessioni tra due menti eccelse e geniali, non è pura è semplice speculazione intellettuale, ma tratta temi sociali ancora attuali e che necessitano di approfondimento, oltre ad essere un'opera pregevole dal punto di vista dello stile letterario, come ha affermato lo stesso Alberto Andronico.

Un momento della presentazione (foto Eugenio Navarria)


Per quanto riguarda il Thanatos, e quindi la tendenza dell'uomo a tornare all'inorganico, essa fu teorizzata da Freud grazie ai suoi studi sui sintomi dei reduci della prima guerra mondiale, i quali rivivevano costantemente il trauma della guerra, nonostante la sofferenza che questo provocava. Questa tendenza è stata di ispirazione al Professor Andronico per la scelta del titolo del libro, insieme a un'altra suggestione: un'opera di Jenny Holzer, street-artist neo-concettuale statunitense, che scrive aforismi provocatori, apparentemente banali, ma in grado di scuotere le coscienze, li proietta sulle facciate dei palazzi e li stampa su oggetti di uso comune. Ebbene, uno di questi aforismi è "Protect me from what I want", e Andronico lo ha utilizzato nel titolo del suo libro, contestualizzandolo alla luce della tendenza autodistruttiva dell'uomo poc'anzi menzionata. Alla luce delle teorie di Freud, infatti, l'aforisma in questione, che in italiano si traduce "Proteggimi da ciò che voglio" assume un colore sgargiante, che colpisce il centro delle nostre coscienze. È molto più comodo per tutti noi pensare che qualcuno dovrebbe proteggerci affinché ciò che desideriamo possa realizzarsi Tuttavia, se andiamo oltre il nostro individualismo, che di per sé non è una tendenza da demonizzare, ma piuttosto da integrare con il senso civico e un'etica pacifista, possiamo ben comprendere che ogni essere umano, individualmente, va salvato dalle sue tendenze più oscure, da stesso. L'Umanità deve salvare se stessa. È questa una grande provocazione e una difficile sfida, un messaggio che l'autore tenta di scoccare come una freccia attraverso l'attenta e appassionata analisi di un'opera letteraria di spessore, ancora attuale in un'epoca come la nostra dove, come confermano i recenti fatti di cronaca, lo spettro della guerra non è stato ancora esorcizzato. Ma continua ad aleggiare nel mondo, ed anzi si fa corpo e sangue.

 

Francesca Sanfilippo


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