PEPPA ‘A CANNUNERA: IL FUOCO DEGLI IDEALI

 

Tra storia e leggenda la vita di una protagonista dei moti antiborbonici

 


Una delle figure ormai diventate iconiche nella storia italiana e soprattutto della storia siciliana è Giuseppina Bolognara Calcagno, meglio conosciuta, grazie alle sue gesta da rivoluzionaria antiborbonica, come Peppa 'a cannunera.

La sua vita, a causa dell'insufficienza e della scarsa oggettività delle fonti, è una terra di mezza fra leggenda e Storia, ma ciò che vogliamo qui sottolineare sono le qualità e le azioni che l'hanno resa un'eroina del Rinascimento.

Giuseppina nasce a Barcellona Pozzo di Gotto il 19 marzo del 1841, da genitori ignoti che, avendola concepita durante una relazione extraconiugale, per eliminare ogni traccia della nascita della figlia illegittima, la abbandonano nel paesino messinese. Lì viene affidata a una nutrice, alla quale la bambina deve probabilmente il cognome, Bolognara o Calcagno (sono usati spesso entrambi), cresce con molti altri fratelli di latte e, raggiunta l'età di nove anni, viene portata a Catania, dove passa un'infanzia difficile, tra orfanotrofio e lavori faticosi. Sin da giovanissima diventa la serva di un oste, poi trova un impiego in un fondaco situato nelle immediate vicinanze della locanda. Dapprima lavora come stalliera, poi come vetturina.

Siamo in una Sicilia in cui imperversavano i moti antiborbonici e repubblicani della metà del XIX secolo e Peppa, come una ogni popolana lavoratrice di quel periodo, ascolta la cronaca della Seconda Guerra d'Indipendenza e i discorsi dei filorivoltosi. Fra questi spicca Francesco Crispi, che incita la cittadinanza alla rivolta, e l'animo della ragazza, allora ventenne, si infiamma per la passione politica.

Contemporaneamente Peppa s'innamora di un ragazzo un po' più giovane di lei, Vanni, anche lui antiborbonico. Probabilmente è lui a persuadere la giovane ad abbracciare la causa rivoluzionaria, ma si narra anche che lei lo fece per guadagnarsi fama e onore. I due partecipano alle rivolte catanesi del 7 aprile 1860. Insieme si spostano in diversi presidi sovversivi alle falde dell'Etna. Nei gruppi antiborbonici, la nostra eroina contribuisce come vivandiera, ma svolge anche una fervente attività spionistica e riesce, presumibilmente, a ottenere delle preziose informazioni riguardanti un cannone.



All'alba del 31 maggio 1860, mentre le truppe garibaldine attraversano Palermo, Catania è protagonista della prima insurrezione antiborbonica, guidata dal colonnello Giuseppe Poulet, che riesce a guidare con successo meno di un migliaio di catanesi insorti contro circa duemila soldati reali. I rivoltosi erano in chiaro svantaggio sotto diversi punti di vista ma durante l'insurrezione Peppa rivela grandi capacità da stratega, che giovarono a lei e ai suoi compagni. Dopo che le truppe nemiche vengono attirate nei pressi di Porta Aci, l'eroina, fa aprire il portone del Palazzo Tornabene all’Ogninella, nel cui atrio aveva precedentemente nascosto cannone, e spara un colpo che coglie di sorpresa i napoletani, costringendoli alla ritirata. Mentre fuggono, però, le truppe nemiche si lasciano alle spalle un altro pezzo d’artiglieria. Nonostante gli incessanti colpi di archibugio, con l’aiuto di una fune e di altri insorti, Peppa si impossessa del cannone nemico. Durante lo scontro, che sembra essere infinito, la resistenza si indebolisce e i rinforzi di Nicola Fabrizi tardano ad arrivare. Verso mezzogiorno, la cavalleria assedia nuovamente gli insorti, ma Peppa ‘a cannunera è ancora all'erta e, grazie a una fune e all'aiuto di un gruppo di popolani, trascina il cannone di cui si era impadronita e si piazza sul parterre di Palazzo Biscari alla Marina, per rispondere ai colpi di cannone con cui la nave degli avversari bombarda Catania. Ma le cartucce stanno per finire e gli insorti perdono terreno. Molti fuggono e lasciano sola l’eroina, minacciata nella sua postazione da due squadre di lancieri provenienti dal Duomo, ma è proprio in questo momento di crisi che il genio di Peppa si rivela decisivo per ingannare la cavalleria e ribaltare la situazione: la donna spruzza sulla punta del suo cannone un po’ di polvere da sparo e le dà fuoco, dando l’impressione che il colpo avesse fatto cilecca. A quel punto la carica avanza per travolgere, nella certezza errata che il cannone fosse scarico, ma Peppa resta al suo posto, probabilmente a cavalcioni del cannone precedente strappato ai nemici, e in maniera oculata sceglie il momento giusto per sparare gli ultimi colpi, riuscendo a fare strage dei nemici. Salva così da morte certa molti catanesi, ma nonostante il suo intervento i ribelli subiscono tre giorni di dura repressione, e il suo amato Vanni perde la vita. Solo quando successivamente giunge Garibaldi a Milazzo, infine, le truppe borboniche si decidono a lasciare la città.

Dopo questi scontri, Peppa rimane ancora insieme ai rivoltosi svolgendo il ruolo di vivandiera. Torna in battaglia, invece, durante le lotte per liberare Siracusa dal dominio borbonico. In quegli anni riesce anche a catturare un pericoloso assassino sfuggito al patibolo. Terminate le imprese che portarono all’Unità d’Italia, la donna viene decorata con la medaglia d’argento al valore militare. Riceve, inoltre, una pensione mensile di 9 ducati mensili, ma solo per due anni: successivamente, le viene dato un conguaglio di 216 ducati dal Comune di Catania. Una volta instaurato il Regno d'Italia, la Guardia nazionale viene sciolta e il vitalizio di Peppa revocato. Muore probabilmente a cinquantanove anni, dopo esser tornata, secondo alcune fonti, nel messinese. Molti hanno raccontato che si è fatta consumare dal vizio del fumo e del vino, e che durante una delle due epidemie della fine del XIX secolo si è ammalata di vaiolo. In seguito, non essendo non più abile al lavoro, ma bisognosa di cure, è caduta preda degli strozzini, per poi tornare a Messina e alloggiare in casa d'una sua sorella di latte, in un sottoscala vicino al Duomo, fino al giorno della sua morte, avvenuta il 20 settembre 1900.

Il suo cannone, che durante gli scontri era stato messo in salvo a Mascalucia, è oggi conservato presso il Museo Civico di Catania. La sua memoria sopravvive anche nel nome di una strada della città: Via Peppa ‘a Cannunera, eroina del 1860. A Catania sono stati scritti numerosi testi teatrali dedicati a lei. Di recente, nel 2022, è stato messo uno spettacolo a lei dedicato, con la famosa Guia Jelo nel ruolo della protagonista, e curato nella regia dall’attore e regista Turi Giordano. A Peppa sono stati eretti monumenti e dedicati alcuni dipinti, alcuni dei quali la ritraggono con dei tratti “mascolini” e in atteggiamenti “maschili”. Proprio a causa del suo coraggio poco femminile per gli standard di fine Ottocento e per le sue scelte anticonformiste, come quella di frequentare un uomo molto più giovane di lei, è stata da molti denigrata e calunniata. Ma questo è il destino comune di molte donne che hanno creato uno squarcio nelle convenzioni sociali, generando cambiamenti nel sentire comune e nello sguardo che i posteri dedicano al cosiddetto gentil sesso. Per questo le loro scelte hanno segnato la Storia. La stessa Storia che spesso le relega ai margini dei più grandi avvenimenti. Non sempre, però. C'è anche qualcuno che racconta di loro, che alle loro lotte contro l'ingiustizia dedica poesie e libri. Canzoni. Come quella scritta e cantata da Mario Incudine, “Peppa 'a cannunera”, di cui ricordiamo qui sotto alcune strofe:

 La collira ca abbrucia nta li vini

e la miccia ca adduma stu cannuni

e Peppa spara spara

Peppa la Bulugnara

 E ancora:

 Fozza Catania cancia sta addunata

Cu sti cannuni canciala sta Storia

Amu campatu sempri ammenzu a strata

ma vinni ora 'u tempu di la nostra gloria

pani libertà e l'Italia ora

 

Una sola fiamma muove tutte le donne come Peppa: quella degli ideali. E fra questi, in cima, si staglia la libertà.

 

 Francesca Sanfilippo


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