Abbiamo intervistato uno scultore che crea magiche opere usando le radici dell'ulivo

 

Enrico Panvini

Venanzio Panvini, classe 1930, è stato uno scultore di fama internazionale. È scomparso nel 2016, ma non senza lasciare un segno e un'eredità: il figlio, Enrico Panvini, ha ricevuto in dono la stessa passione del padre per l'arte, oltre che il talento. Ma oltre ad aver fatto tesoro degli insegnamenti del padre, ha creato uno stile tutto suo. È interessante vedere come l'amore per la scultura o per qualsiasi forma d'arte possa essere trasmessa alle generazioni future grazie al primo contenitore affettivo del bambino: la famiglia. Ed è affascinante sapere in quale modo, pur imparando da un mentore, un artista sceglie poi il suo percorso, il suo stile, trovando la sua voce interiore. Noi di "Sicilia Giornale" abbiamo voluto conoscere Enrico Panvini per tutte queste ragioni, e per conoscere la sua produzione artistica. Per questo lo abbiamo intervistato lo scorso 13 maggio nella sua casa di San Giovanni Di Galermo, quartiere storico sito nella periferia della città di Catania.

Quando ha cominciato a sentire la sua vocazione per le arti della scultura e della pittura?

«Allora, io sono un figlio d'arte: mio padre, Venanzio Panvini, era uno scultore, ed io sin da piccolo gli stavo sempre accanto, lo osservavo mentre lavorava. Infatti ho realizzato la mia prima scultura a quattordici anni. La pittura l'ho scoperta molti anni dopo, per gioco. Mi è sempre piaciuto molto giocare con la mia arte perché, in realtà il lavoro con cui mi mantengo è quello dell'educatore professionale. Lavoro con i ragazzi disabili e ho sfruttato la mia passione per la pittura per farli impegnare in qualche attività creativa, per farli disegnare, farli dipingere un po'. I miei colleghi mi dicevano che ero bravo, così pensai di dedicarmi un po' di più alla pittura, di riprodurre gli stessi quadri che dipingevo nei laboratori, a casa mia, ma più piccoli. Da lì iniziò la mia produzione artistica anche come pittore. Però mi sono dedicato di più, e per molto più tempo, alla scultura.»

Oltre a suo padre, che so essere stato un artista di fama internazionale, c'è stato qualche altro artista che ha influenzato la sua formazione e il suo percorso? Qualcuno che ammira particolarmente?

«Mah, direi Michelangelo. Però è stato mio padre ad insegnarmi tutto. Lui non era molto in vista a quei tempi, in quanto non c'erano i mass media che ci sono adesso, tantomeno i social network. Quando vivevamo a Palermo restaurava le sculture di molti artisti in voga in quel periodo. Alcuni di questi artisti scolpivano assemblando più pezzi, poi con una laccatura coprivano il tutto, e l'opera sembrava un pezzo unico. Le sculture erano bellissime, perché erano artisti talentuosi, ci sapevano fare, però a mio padre non piaceva questo modo di lavorare, e lui mi diceva di non farlo. Nonostante abbia osservato i migliori, non ha mai voluto imitarli. Aveva un'altra idea dell'arte della scultura, e mi disse di non fare mai una scultura che non fosse un pezzo unico, intero. Lui, infatti, prendeva la radice di ulivo, che era materia di scarto, lo sottolineo, e scolpiva partendo dalla venatura della radice, lasciandosi guidare dalla sua forma e dalle immagini che quella venatura gli suggeriva. L'opera, la sua forma, era già dentro la radice, bisognava soltanto tirare fuori ciò che il disegno della venatura aveva in sé. Io l'ho ascoltato, mio padre, e col tempo ho imparato a scolpire in modo molto dettagliato, curando tutti i particolari. In questo aspetto, cioè nella cura del dettaglio, mi sono perfezionato di più rispetto a mio padre. Le sue sculture erano meno dettagliate, non astratte, ma più intuitive, semplicemente perché questo era il suo stile. E lui mi ha insegnato molto.»



Cosa rappresentano per lei l'arte e la creatività?

«Libertà di espressione, questo. Io penso che se ti dedichi a qualunque atto creativo, ad esempio prendi un foglio e disegni, se hai dedizione per questa attività, qualsiasi cosa venga fuori è arte. E nulla va criticato, perché ognuno ha la sua vena creativa, ognuno si esprime liberamente. Io infatti non mi permetto di giudicare l'arte degli altri. Se mi criticano, magari questo mi forgia, mi spinge a migliorarmi, ma io trovo libertà nella creazione artistica.»

Come nascono le sue opere? Cosa la ispira? C'è qualche soggetto in particolare che ama ritrarre?

«Per quanto riguarda le sculture, come ho già detto, mi lascio guidare dal legno, dalla sua forma. Se la vedo bella e imponente, o sinuosa, allora la osservo con dedizione, cercando di scorgere cosa c'è dentro, e quando lo scopro, lo “vedo”, allora comincio a creare la scultura. Per quanto riguarda i quadri, può ispirarmi un po' tutto ciò che mi circonda, dipende. Di solito sono piccoli particolari che scorgo durante la mia vita quotidiana. Paesaggi, la natura, ma anche un semplice momento di vita quotidiana. Quando un soggetto mi colpisce, sono solito fotografarlo, prima, e poi dopo lo riproduco su un quadro.»

Qual è la tecnica che utilizza?

«Olio su tela.»

Enrico Panvini


L'amore e il legame con la Sicilia l'hanno mai influenzata nel suo processo creativo?

«A volte sì, ma non sempre. Come dicevo poc'anzi, l'ispirazione è libera. Naturalmente io trovo affascinante la Sicilia, perché la cultura, la storia, la bellezza che abbiamo qui non si trovano in altri posti. Io sono nato a Palermo, poi mi sono trasferito a Licodia Eubea, e poi sono andato a Catania, e comunque da giovane ero un camperista, quindi ho girato molto e visto diversi posti, ed effettivamente a noi non manca nulla, qui in Sicilia. Purtroppo gestiamo male le risorse che abbiamo, è questo il problema. A chiunque ami viaggiare consiglio di iniziare prima dalla propria terra d'origine, e soltanto dopo andare a scoprire ciò che c'è fuori.»

Perché la scelta della radice dell'ulivo?

«L'ulivo è una pianta che dura tantissimo, vede nascere e crescere intere generazioni, per questo mi piace molto. Ha delle caratteristiche secolari, quindi, e poi è una pianta nostrana. Da dei frutti e inoltre ha un profumo bellissimo, intenso, anche quando è invecchiato. Ed io lo sento questo aroma così bello mentre scolpisco. Mentre creo, e creando ricordo di quando ero piccolo e facevo le sculture insieme a mio padre. E poi l'ulivo mi piace anche per il suo significato religioso: il ramoscello d'ulivo è un simbolo di pace.»



Lei è un cristiano cattolico?

«Sí, esatto.»

Si ricorda la forma della sua prima scultura, e come l'ha intitolata?

«Ma certo, la mia prima opera ce l'ho ancora con me. Vi è scolpito un uomo che abbraccia una croce. Sul suo capo c'è un enorme macigno, infatti l'ho intitolata “Pensieri”.»

Lei ha avuto delle fasi di stallo creativo durante la sua carriera? Si è mai allontanato dalla sua arte?

«Sì, prima che mi sposassi sono stato fermo cinque anni, mi mancava perfino lo spazio per creare. A quei tempi vivevo in una casa in affitto, non avevo lo spazio e nemmeno il tempo per dedicarmi alle sculture. Successivamente sono riuscito ad avere una mia stabilità economica e un laboratorio tutto mio, e poi le cose si sono messe a posto. Ora a volte capita che sto un paio di mesi senza creare nulla, senza ispirazione, ma non ho più smesso da quando ho trovato una stabilità.»



Cosa si sentirebbe di consigliare ai giovani che vogliono intraprendere il percorso dell'arte, considerato quanto è tortuoso, sia per le scarse soddisfazioni economiche che comporta e sia per la competizione molto accesa che contraddistingue gli ambienti artistici?

«Intanto la cosa più importante è quella di non buttarsi a capofitto nell'arte. Nel senso che a volte ci si ossessiona cercando immediatamente delle soddisfazioni che non sempre arrivano, e non subito comunque. Poi bisogna tenere in conto il fatto che ci siano i critici d'arte, e anche molte persone dell'ambiente che sono pronti a metterti i bastoni fra le ruote. Si è esposti a tutto questo quando ci si dedica all'arte, occorre esserne consapevoli e imparare ad affrontare queste situazioni. Se si è disposti ad accettare tutto questo mantenendo comunque l'intenzione di rimanere un artista, allora sì, ci si può dedicare all'arte. Un'altra cosa che bisogna imparare è che ci sarà sempre qualcuno più bravo di noi, perché molti credono che invece non c'è nessuno bravo come loro. Non è così. Occorre inoltre capire che con l'arte è difficile guadagnare, a meno che tu non sia un restauratore, o a meno di un colpo di fortuna. Non è detto che non ci si riesca, ma ci vuole molta fortuna, e sinceramente bisogna essere molto bravi.»

Oltre che nella bellezza, la quale è sempre, e sicuramente, un ideale imprescindibile per ogni artista, in quali altri ideali e in quali valori crede, lei?

«L'amore. L'amore per gli altri ma anche per ogni cosa che c'è intorno. Dobbiamo ringraziare per tutto ciò che possiamo vedere, osservare e toccare, perché non è per nulla un dono scontato. Vedere una foglia viva, o una foglia secca che si sta sgretolando, toccarla e sentirla nelle mani mentre si sgretola. Ecco, noi siamo abituati a questo, e per noi è normale, scontato appunto. Ma non lo è, tutto avviene per una ragione, per una forza motrice che collega tutto e tutti. L'amore è il perno di tutto. Ed è ciò che regge tutto. Ti faccio un esempio: queste tre piante di fronte a te, sembrano un'unica pianta. Se una delle tre desse fastidio all'altra, fosse nociva in qualche modo, l'altra morirebbe, o comunque tutte e tre non sarebbero un tutt'uno. Invece hanno trovato un modo per abbracciarsi bene, e questo è il motivo per cui sono sempre più belle. E forse c'è anche un motivo per cui una di queste piante ha le spine intorno al suo tronco: sta proteggendo l'altra che è al suo fianco. C'è una ragione per cui funzionano tutto e tre in un sistema perfetto, e questa ragione è l'amore. Senza amore non sarebbe possibile nulla di tutto questo. È importante quindi, amare. Amare il creato, amare il lavoro, e le persone che ci stanno accanto. Anche quando ci rimproverano, perché se questo accade magari è perché abbiamo sbagliato, quindi dobbiamo accettare il rimprovero e trarne giovamento. Amare è anche saper perdonare. Perdonare anche chi non è fra le persone che più amiamo. Perché se ci ferisce è o per ignoranza o perché non ha amore dentro. E nel momento in cui capiamo questo riuscì a perdonare e ad andare avanti. Tutto questo è importante per me. Se tutti amassimo in questo modo gli altri vivremmo in un paradiso, soltanto che è difficile, dobbiamo forgiarci molto in questa capacità.»

La ringrazio per questa bella chiacchierata, è stata arricchente.

«Grazie a lei, è stato un vero piacere.»



L'arte, secondo Enrico Panvini, non è mera ambizione, ma un vero e proprio atto d’amore nei confronti della vita, oltre che un inno alla libertà. Ci auguriamo che ogni artista, soprattutto fra i giovani, possa prendere esempio da chi, prima di lui, ha intrapreso questa strada affascinante, anche piena di ostacoli, e la percorre semplicemente con grande umanità e passione. Chi volesse conoscere le sue opere potrà farlo seguendo il suo account di Instagram, “Panviniart”.

 

Francesca Sanfilippo

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