Tatiana Alescio mette in scena un racconto di Sacha Naspini

 


Si sono concluse domenica 14 aprile, nello storico Teatro del Canovaccio, sito a Catania, in Via Gulli, nell'ambito della Rassegna Reazioni, le ultime repliche dello spettacolo Adele Centini, la vedova Isastia, per la regia e drammaturgia di Tatiana Alescio, coprotagonista insieme all'attrice Mary Accolla. Lo spettacolo è stato prodotto da Trinaura_Teatro, compagnia teatrale siracusana della quale Tatiana Alescio è Direttore Artistico. Ha partecipato come voce fuori campo l'attore Pietro Montandon. Organizzazione e foto si devono a Valeria Annino, i costumi a Mary Accolla.

La pièce è una trasposizione teatrale dell'omonimo racconto contenuto nel romanzo corale Le case del malcontento, di Sacha Naspini. Si tratta di un'epopea rurale ambientata in un antichissimo borgo scavato nella roccia dell’entroterra maremmano, il cui nome è appunto "Le  Case". Ogni capitolo è dedicato a un personaggio diverso di questo paese, dove gli abitanti conducono un'esistenza grigia, sempre uguale, e segnata dalla povertà, tra segreti, delitti, vendette, e trame da ordire, che si intrecciano inevitabilmente con quelle degli altri personaggi. E un destino che non fa sconti a nessuno.

Adele Centini è una ragazza di umili origini che vive, insieme alla madre, vedova di guerra, in condizioni di indigenza e marginalità. Le due donne hanno un rapporto tossico in cui è la madre a dominare su una Adele succube e inizialmente innocente, che soffre per la mancanza del padre e subisce il comportamento rude e anaffettivo della madre, indurita da una vita di stenti e di solitudine. L'anziana donna, quando viene a sapere che il Colonnello Isastia, l'uomo più ricco del paese, è in cerca di una governante, decide di mandare Adele alla sua tenuta, e le ordina di usare il suo fascino per convincerlo ad assumerla e, una volta entrata nelle sue grazie, sedurlo allo scopo di contrarre matrimonio con lui. Per lei la figlia è solo una bambola di carne, un mezzo per riscattarsi dalla povertà e dalla vergogna che sente a causa della sua condizione sociale. Siamo di fronte a una storia cinica, che mette completamente a nudo tutta la crudeltà e la voglia di rivalsa di cui è capace l'essere umano. Durante la rappresentazione, infatti, lo spettatore assisterà a un cambiamento graduale del personaggio di Adele, che si lascerà ammaliare dalla ricchezza e dai piaceri di una vita agiata, dando sempre più spazio agli istinti più carnali e al materialismo, lasciando atterrita anche la madre, che la vedrà plasmata a sua immagine e somiglianza, e assaporerà la stessa durezza che lei aveva inizialmente riservato alla figlia, diventando sempre più pretenziosa e famelica. Non sarà in grado di porre dei limiti agli spasmodici tentativi di appagare i propri bisogni e la propria vanità. Fino al tragico epilogo, che non esclude il sacrificio di più anime innocenti sull'altare della ricchezza, e che si ritorcerà contro la stessa protagonista. È una storia, dunque, che non parla solo di cattiveria e ambizione sfrenata, ma anche e soprattutto della tendenza autodistruttiva dell'uomo.



La pièce si apre e si chiude con un discorso molto raffinato e poetico che ha saputo sin da subito captare la curiosità del pubblico, e che introduce un altro protagonista della vicenda: il silenzio. Un silenzio che entra nelle stanze come l'aria fredda, che si rivela spesso l'unico compagno per Adele, insieme alla solitudine, che spalanca le voragini del passato e mette la donna (come fa con tutti noi), di fronte ai bilanci della sua vita, ai suoi fantasmi e alle sue inevitabili sconfitte.

Non sono mancate, in mezzo ai toni cupi e drammatici, delle scene farsesche ballate e mimate, come quella in cui la protagonista scarta un regalo del Colonnello e, nella meraviglia che coglie entrambe, danza insieme insieme madre sulle note di "Il terzo fuochista", celebre brano di Tosca. Nessun gesto di questo ballo mimmato è stato scelto a caso. Le voci fuori campo, che intervengono nella prima scena, durante la rappresentazione e verso la fine sono quella di Pietro Montandon, nei panni del Colonnello Isastia, che dialoga con Adele, e quella della stessa Tatiana Alescio, che ha saputo dimostrare ottime capacità attoriali, restituendo in tutte le sue tonalità emotive e psicologiche, in maniera più che credibile e con la maestria di un’attrice preparata, un personaggio ben caratterizzato come Adele Centini. Un'ottima performance è stata anche quella dall'attrice Mary Accolla, legata alla Alescio da una profonda stima professionale e da una solida amicizia, la quale ha interpretato il personaggio della madre di Adele con molto pathos e con straordinaria forza espressiva, ritraendo, grazie alle espressioni del suo viso, ai colori della sua voce e alla postura del suo corpo, tutti gli aspetti feroci e grotteschi, ma anche l'universale amarezza degli ultimi, il loro rancore e il loro livore nei confronti di una società che li vuole sempre più poveri e derelitti, e la voglia di riscatto sociale.



Guardando questa rappresentazione non possiamo fare a meno di chiederci che fine fanno i più elevati principi etici di fronte alla necessità, all’istinto di sopravvivenza, ai pugni in faccia che la vita non risparmia a nessuno. Non si può fare a meno di riflettere su quanto impiega un essere umano a barattare tali principi con il perseguimento spregiudicato dei propri fini. E se è la vita a condurre l'uomo verso il male, o se questo rappresenta una scelta ineluttabilmente, un richiamo che sempre seduce, pronto a farsi strada nel suo animo non appena egli vive le prime battute d'arresto e si trova a scegliere tra la sua sopravvivenza e quella dei suoi simili. Domande ancora attuali nella società che siamo chiamati a osservare e ricostruire, le cui risposte sono e rimangono ancora oggi aperte. Uno dei compiti dell'arte è infatti quello di far riflettere sui più profondi meandri della psiche umana. Su chi siamo e chi possiamo scegliere di essere.

 

Francesca Sanfilippo


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