Fra le proposte letterarie della Fandango Edizioni emerge il diario di una italiana di seconda generazione
Il Corpo Nero, edito da Fandango Edizioni, è l'autobiografia in cui Anna Maria Gehnyei, una giovane nata e cresciuta nella periferia di Roma Nord, che racconta la sua vita di immigrata di seconda generazione e il difficile percorso di integrazione in Italia, di costruzione del sé, attraverso la continua e faticosa, seppur affascinante, ricerca delle proprie origini e del proprio posto nel mondo. Anna nasce a Roma da genitori liberiani. I suoi si sono trasferiti in Italia negli anni '70. Suo padre è stato il primo uomo della comunità Kpelle a cui i capi del suo villaggio d'origine, Wongbai, hanno permesso di allontanarsi dalla terra natale e di trasferirsi in Europa. Dopo aver studiato nella capitale, Monrovia, dove ha conosciuto la sua futura moglie, ha lavorato per l'ambasciatore liberiano, che lo ha voluto con sé a Roma. Successivamente, con l'intensificarsi dei conflitti in Liberia l'ambasciatore, sapendo di non essere al sicuro nemmeno in Italia, è scappato nel cuore della notte negli Stati Uniti, lasciando il padre di Anna e la moglie da soli in un Paese al quale non hanno mai sentito di appartenere. Dopo un po' nascono le figlie, Anna e la sorella gemella Maria. Nonostante i torti e soprusi che il mondo occidentale, nel corso della storia, nel corso della storia, ha inflitto e continua a infliggere agli africani, la madre di Anna educa le sue figlie ad amare gli italiani incondizionatamente, e a non cedere ai rancori e all'odio tra etnie. Anna si sente italiana, ma fin da piccola vede che in quella che chiama «la terra dei colori al contrario» né lei, né la sorella, riescono ad essere accettate, a causa di una xenofobia talvolta latente, e altre volte palese, ma comunque onnipresente e capace di imprimersi nella psiche di due bambine che si sono dovute smarrire nell'edificio di una scuola elementare, per essere notate dai compagni di classe e dalle insegnanti, spesso omertose e per questo complici dei comportamenti discriminatori subiti dalle gemelle.
«E poi so già che appena sarò dentro riceverò quelle occhiate strane, che mi fanno venire voglia di tenere la testa bassa. Senza guardare nessuno».
Queste le parole che Anna annota a soli sette anni nel diario che i suoi hanno regalato a lei. A lei che è molto più introversa della ribelle e decisa gemella, e che sente di più il dolore: il suo, quello del padre, che cerca di dimenticare, bevendo, le ferite del corpo e dell'anima, e quello della madre, che consola tutti tranne se stessa. Crescendo, le difficoltà ad integrarsi non cessano di esistere, bensì si amplificano. Anna continua a subire il razzismo dei poliziotti che la fermano per strada chiedendole il permesso di soggiorno, anche se vedono che indossa abiti occidentali e parla la lingua italiana, dei suoi datori di lavoro al negozio di abbigliamento, che si stupiscono del suo italiano perfetto. Degli impiegati dell'Ufficio Immigrazioni dove Anna si reca ogni anno, sopportando lunghe attese e peripezie burocratiche allo scopo di ottenere la cittadinanza italiana, e che nonostante l'abbiano vista più volte comunicano con lei scandendo le parole e gesticolando in modo grottesco. Durante l'adolescenza Anna, la gemella e la loro sorella maggiore, la quale ha vissuto gli orrori della guerra in Liberia, subiscono anche gli atti di bullismo violento da parte di giovani italiani che abitano nei sobborghi di Roma. Molti di loro appartengono a "CasaPound Italia", movimento politico di estrema destra e di matrice neofascista e populista, nato il 26 dicembre del 2003, quando alcuni giovani occuparono un ex-palazzo governativo sito in Roma alla Via Napoleone III, e divenuto nel 2008 un partito politico a tutti gli effetti, i cui principali alleati politici sono il Movimento Sociale – Fiamma tricolore e la Lega Nord. Ma questo libro non è soltanto un affresco della nostra storia attuale, italiana, europea e mondiale, con sfumature di critica sociale e, in alcuni frangenti, di forte denuncia, di smascheramento degli stereotipi e di tutte le manifestazioni dell'atteggiamento xenofobo, anche le più subdole e "bonarie".
"Il corpo nero" non è, dunque, soltanto un libro politico, ma è anche la storia di una rinascita psichica e spirituale, che passa attraverso la riappropriazione delle proprie radici, per riconoscere e integrare tutte le parti del sé. Per ri-conoscersi. Conoscersi di nuovo e per sempre. Il filo conduttore di questa storia è infatti il desiderio di Anna di scoprire le sue origini, sin da quando la madre le raccontava storie, leggende e tradizioni del suo villaggio, e così il padre, che era un cacciatore. Il richiamo ancestrale della terra in cui è nata è per lei quasi un ossessione, come il suono dei tamburi che soltanto lei sente. Anche la musica è una costante in questo libro. La musica nera che le fa ascoltare il padre, al quale mei dedica una delle due lettere contenute nel libro, e che lui utilizza come un ponte per comunicare con le sue figlie in modo efficace e profondo, per mezzo delle canzoni che raccontano storie. Anna si sente italiana, le piace l'Italia, ma sa che questo non la definisce totalmente, sente che le manca qualcosa. E per questo deciderà di lottare per ottenere dai suoi genitori il permesso di andare in Liberia. Al lettore non rimane che scoprire l'itinerario e la destinazione di questo viaggio alla scoperta di sé che è "Il corpo nero". Un viaggio che sin dalle sue prime stazioni parla di piatti e acconciature africane, di antiche tradizioni liberiane, come quella di accogliere festosamente coloro che arrivano in Liberia in un giorno di pioggia, perché considerati portatori di presagi luminosi per il futuro. Un'avventura affascinante in cui punto di partenza sono le viscere, profonde come le acque che popolano i sogni della protagonista, e che la attirano come una musica primordiale.
Il viaggio diventa dunque una metafora della scoperta di sé, del lavoro sul proprio sé e del tentativo di raccoglierne tutte le parti e integrarle. Il concetto del viaggio emerge anche nella risposta dell'autrice ad una nostra domanda, durante la presentazione del libro che si è tenuta il 9 marzo alla Biblioteca Navarria Crifò, spazio dedicato all'arte, alla diffusione culturale e al confronto, sito nei locali messi a disposizione dalla Chiesa Valdese di Catania. La presentazione è stata curata da Gabriele Formosa, psicologo e psicoterapeuta, a cui è seguito un fruttuoso dibattito tra la Gehnyei e il pubblico.
Alle nostre domande:
«Cosa ti ha dato la forza necessaria ad affrontare tutto il carico emotivo che ha comportato la tua storia? La famiglia? L'arte? Cosa ti ha salvata anche quando non sapevi cosa fare?»
Anna Maria ha risposto:
«Sicuramente la mia famiglia e la musica mi hanno certamente aiutata. Ma ho anche lavorato molto su di me a livello terapeutico. Facendomi anche mille domande. Anche per questo ho cominciato a scrivere questo libro, e ho realizzato di averlo scritto solo quando stavo per mandare un ultimo capitolo al mio editore e mi è stato ricordato che il libro era già stato pubblicato. Lì mi sono resa conto che la mia vita e quella della mia famiglia stava per essere condivisa. Una storia che comunque non è solo mia, bensì dà voce ad altri africani che voce non hanno. Per quanto riguarda la musica, penso che questa aiuti tutti noi. Sì, la musica mi ha dato coraggio. Ma la mia è soprattutto una forza ancestrale, che viene dall’Africa, dalle mie origini, mi arriva giorno per giorno. È proprio un viaggio. La vita, è un viaggio, e vedremo dove mi porterà. Dove ci porterà».
Attraverso il viaggio in Liberia si è riappropriata di una parte fondamentale della sua identità, che insieme alle altre costituisce la sua identità intera. La sua totalità. L'intero suo corpo. Quel corpo nero che spesso è stato una barriera per il corpo esterno e che alla fine ha imparato ad amare incondizionatamente, senza negare nulla di ciò che ne disegna le membra. Scrive infatti scrive in un capitolo cruciale del romanzo:
«É stata l’Africa a farmi capire che appartengo anche all'Italia. Posso essere tutto, che non ho confini, perché il mio corpo non è più un limite».
E ancora:
«Nel mio corpo io ho scelto di abitare», scrive (in versi) in un capitolo cruciale del romanzo.
Ed infine:
«Il mio corpo è bello perché nero».
Questo corpo nero continua a cercare spazio anche in mezzo alle difficoltà di un mondo che non è certamente generoso per le donne. E a proposito del femminismo l’autrice, che ha militato in alcuni gruppi femministi, e che ha conosciuto il Premio Nobel per la Pace Leymah Gboweell si esprime così:
«Non credo più nel femminismo bianco, sta prendendo una brutta piega. Quando si parla di femminismo bianco, si parla sempre di vittime. Le vittime sono altre, l'ho scoperto quando ho conosciuto il Premio Nobel per la Pace Leymah GboweeIl. Femminismo, che durante la guerra in Liberia ha difeso e protetto tante donne stuprate. Ma non solo donne, bambine. Il femminismo nero, rispetto a quello bianco è diverso, non soltanto perché diverso è il vissuto delle donne nere. Quello nero è un femminismo della celebrazione, e non si ferma al dolore e alla morte. Le donne bianche parlano di patriarcato, ed è giusto. Le donne nere non possono focalizzarsi sul patriarcato e basta, sono tante le problematiche che devono affrontare. C’è una cosa che mi ha colpita durante una delle manifestazioni a cui ho partecipato: in ventimila donne che manifestavano, l'unica donna nera ero io. Bisogna riflettere su questo. Il fatto è che nel corso dei secoli la donna bianca è stata privilegiata e, come affermano gli storici e i ricercatori, nella letteratura accademica la donna bianca, essendo parte dell'etnia dominante, non ha fatto altro che colonizzare la donna nera, prendendo la sua voce. Ora siamo in un periodo storico in cui la donna nera vuole parlare per sé. Vuole riprendersi il suo spazio. Senza conflitto, ovviamente. Parlo semplicemente di autoconsapevolezza».
Anna Maria Gehnyei, in arte Karima 2G, è cantante, danzatrice, e producer italiana di origine liberiana. La sua carriera artistica inizia come danzatrice, ma in poco tempo diventa vocalist professionista dalle consolle delle maggiori discoteche italiane. Nel 2014 esordisce come solista. I video dei primi due singoli, Orangutan e Bunga Bunga, hanno un forte riscontro tra il pubblico e la critica. Ha conquistato le lodi di molte riviste musicali passando per il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano e Vogue. Grazie al suo percorso artistico, la John Cabot University le riconosce una borsa di studio internazionale, e nel 2020 si pluri laurea in Communications and Political Science. Nel 2022 debutta con il suo primo spettacolo teatrale If There Is No Sun, di cui è anche autrice. Inoltre l'artista ha scelto di trasformare le sue sofferenze in oro, testimoniando nelle scuole, e scrivendo.
"Il corpo nero" è il primo libro di Anna Maria Gehnyei, e ci auguriamo che questa sua testimonianza, così autentica e priva di parole edulcorate, ma anche intrisa d’amore per sé stessa e per gli altri, per la sua famiglia e per il suo popolo, riesca a generare consapevolezza sulle questioni dell'immigrazione e del razzismo e sull'importanza delle proprie radici. E che possa rimbombare fortemente nelle coscienze di tutti, come il richiamo deciso dei tamburi africani. I migliori canali per i quali passa la conoscenza della Storia che abbiamo scritto, e che stiamo ancora vivendo, sono infatti le storie dei singoli individui. Delle persone che si raccontano per guidare chi vive le loro stesse e identiche sofferenze, e per provocare, ma sempre con l’arma dell'intelletto, il coraggio della saggezza e l'amore per la verità, coloro i quali assistono a queste sofferenze con l'ignavia tipica degli indifferenti. Forse raccontando la nostra storia di vita, a volte possiamo compiere un piccolo grande miracolo: quello di scrivere nuovi capitoli della Storia dell'uomo. Passo dopo passo. Pagina dopo pagina.
Francesca Sanfilippo