Il regista Elio Gimbo porta in scena "I deboli" dell’autore belpassese

 

Si sono concluse il 10 settembre scorso le repliche dello spettacolo "I deboli", opera inedita di Nino Martoglio, portata in scena dal regista Elio Gimbo nel Giardino Pippo Fava, uno dei due degli spazi utilizzati dalla storica compagnia di produzione teatrale Fabbricateatro, la cui sede è ubicata a Catania in Via Caronda, 82.

Dopo il debutto di giorno 6 settembre nella suggestiva location dedicata alla memoria del giornalista antimafia, I deboli ha replicato nello stesso luogo nei giorni 7, 8, 9, e 10 settembre, raccogliendo gli applausi di un pubblico entusiasta ma soprattutto, ed è questa una novità significativa, costituito per la maggior parte da spettatori giovani.

Fabbricateatro si occupa da circa trent'anni di teatro sperimentale d'avanguardia, e opera nell'hinterland catanese collaborando con altre realtà culturali fortemente radicate nella città etnea. Nel caso specifico la pièce "I deboli" è stata realizzata in collaborazione con il CUT (Centro Universitario Teatrale), e inserita all'interno del terzo ed ultimo anno di celebrazioni organizzate dal Comitato Martoglio della centenario della morte del commediografo e poeta siciliano. La collaborazione con il CUT ha fatto sì che insieme agli attori professionisti partecipassero alla messa in scena, in qualità di membri del cast di attori, alcuni studenti dell'Università degli Studi di Catania, appositamente scelti tramite un'audizione dal regista e da Daniele Scalia Girgenti, amministratore dello spettacolo, nonché membro storico di Fabbricateatro.

La vicenda de "I deboli" si snoda in un'Italia borghese e contemporanea degli anni sessanta del Novecento. Protagonista è una famiglia segnata da conflitti e divisioni, il cui collante è rappresentato non tanto dalla madre, unico genitore rimasto in vita, ma dalla sorella maggiore, Ersilia, la quale rinuncia alla sua fetta di eredità paterna per risolvere i problemi economici della sorella e del cognato, dedito al gioco d'azzardo. Ersilia è insegnante in un istituto tecnico femminile e l'aiuto dato alla sorella non sarà l'unico guaio che risolverà. Tutti i membri della famiglia si aggrappano a lei senza assumersi le loro responsabilità, dal fratello minore disoccupato, Manlio, che insegue il sogno del cinema ma non cerca un impiego per finanziare i suoi progetti, alla sorella Dina, che investe i soldi donatele da Ersilia in frivolezze e assieme al marito tenta sempre di sfruttarla, passando poi per la madre, Bianca, una donna melodrammatica, iperprotettiva ma priva di carattere, in quanto incapace di esercitare il suo ruolo genitoriale. Ersilia, nonostante la sua emancipazione sociale ed economica non riesce a raggiungere la sua indipendenza emotivo-affettiva. È succube, un po' per affetto e un po' per il suo senso morale, abilmente manipolato dai familiari, del ruolo di capofamiglia che le hanno assegnato. Perennemente divisa tra il senso del dovere e il desiderio di staccarsi dal nido per raggiungere la sua felicità come essere umano, e soprattutto come donna. È infatti innamorata del dottor Craio, un amico di famiglia troppo timido per confessare il suo amore, e troppo ingenuo e debole per reagire di fronte alle diatribe della famiglia dell'amata, lottando insieme a lei per vivere il loro amore. Ersilia è una donna forte, ma che non riesce a smettere di vivere per i suoi cari, per compiacerli. Una donna che non può fare a meno di sacrificarsi. Nino Martoglio riprende con quest'opera la tematica di "Casa di bambola", il celebre dramma in tre atti scritto nel 1879 dal dramaturgo norvegese Henrik Ibsen. Scrivendo i deboli, dunque, Martoglio presenta per la prima volta, in Italia, in un periodo databile tra il 1906 e il 1907, un'opera che può essere considerata uno spaccato della condizione femminile nella società contemporanea, attuando una scelta coraggiosa e che fa di lui un vero e proprio veterano del dramma borghese "in pieno canone ibseniano", come lo ha definito Elio Gimbo.


Quando Martoglio decise di affrontare queste tematiche inaugurò un biennio creativo durante il quale riusciva ad alternare il proprio impegno per la "Terza Compagnia Martoglio", con al quale portò in scena "San Giovanni decollato", alla collaborazione con prestigiose compagnie dell'epoca. Il commediografo belpassese è famoso per le sue opere di stampo verista, come quelle contenute nella Centona, scritte in lingua siciliana, che all'epoca della loro pubblicazione sbancarono i botteghini nazionali e internazionali. In molte di queste rappresentazioni recitavano inoltre attori fuoriclasse come Angelo Musco, uno dei talenti scoperti proprio dallo stesso Martoglio, Giovanni Grasso e Tommaso Marcellini. Tutto ciò ha permesso alle opere dialettali di avere un riverbero anche nei decenni successivi, mentre alcune opere scritte in lingua sono passate in secondo piano. Stiamo parlando, oltre al dramma borghese messo in scena in questi giorni da Fabbricateatro, di opere come “L'ultimo degli Alagona”, un dramma storico, e la commedia di costume “Il divo”, anch'esse finite nel dimenticatoio. Non è difficile che un autore in realtà versatile come Nino Martoglio venga così ricordato solo per le opere dialettali, spesso erroneamente considerate come delle farse destinate al mero intrattenimento e capaci soltanto di narrare una Sicilia lontana nel tempo, e dunque prive, a causa di tali pregiudizi, di attrarre le nuove generazioni. Ed è stato proprio per evitare questo rischio che il regista Elio Gimbo, dopo aver scovato il copione originale de "I deboli" al Museo - Biblioteca dell'Attore di Genova, ha deciso di portarlo in scena, come aveva già fatto per le opere in lingua sopra citate.

«La risposta del pubblico è stata straordinaria, abbiamo registrato presenze giovani ed era questo l’intento iniziale del Comitato Martoglio. Il nostro scopo era appunto quello di promuovere il lavoro, l’eclettismo e la carriera teatrale di Martoglio vissuta al nord con dei testi italiani per permettere alle nuove generazioni di avvicinarsi all’autore», ha affermato Gimbo.

Inoltre il regista ha dichiarato che lo spettacolo verrà rappresentato giorno 22 settembre all'interno dell'Ospedale San Marco di Catania e in altri luoghi che godono della presenza dell'ateneo catanese, al fine di portarlo anche in luoghi non teatrali. Ma questo progetto non rimarrà confinato in Sicilia, bensì sarà rappresentato l'11 ottobre proprio presso il Museo - Biblioteca dell'Attore di Genova, dove verrà allestita una mostra documentaria dove sarà esposta parte del Fondo Martoglio ed una documentazione di testi biografici, bibliografici, di prime edizioni martogliane, e una collezione privata dell’autore a cura della Pro Loco di Belpasso che – insieme al Museo - Biblioteca dell’Attore di Genova – è parte fondamentale dei componenti istituzionali del Comitato Nazionale.

Lo spettacolo è capace di far riflettere con leggerezza, e i suoi tre atti sono scanditi dal cambio della tovaglia da tavola e da tracce musicali della tradizione cantautorale italiana scelte sapientemente da Gimbo per incorniciare i drammi relazionali attorno ai quali ruota la vicenda. La miscela fra i toni comici e quelli drammatici è stata ben resa sia dalla regia che dalla competenza degli attori, compresi gli studenti, i quali sono stati seguiti nel training attoriale anche e soprattutto da un'artista navigata e talentuosa come Sabrina Tellico, attrice di punta dell'associazione ormai da più di quindici anni. Il laboratorio tecnico-pedagogico, svoltosi all'interno del Centro Teatrale Fabbricateatro, ha seguito un metodo basato su due punti cardine: la costruzione dei personaggi tramite il sistema delle azioni fisiche elaborato da Stanislavskij, e il parallelo tematico tra il testo martogliano e "Casa di bambola" di Ibsen.

Oltre alla Tellico, che ha recitato nel ruolo di Ersilia, hanno recitato altri interpreti preparati come Savì Manna, nel ruolo del dottor Craio, Alice Balsamo nel ruolo della sorella minore di Ersilia, Dina, Leonardo Monaco, che interpreta Manlio, il fratello minore, Samuele Ballarino, nel ruolo dell'esattore delle tasse. E ancora gli studenti dell' Università degli studi Catania: Francesco Di Bella, che veste i panni di Vittorio, il marito di Dina, Nicoletta Basile, nel ruolo della domestica, Isolina, Chiara Quartarone e Mirella Sotera, che interpretano due studentesse di Ersilia.

Dietro le quinte oltre a Gimbo hanno lavorato Bernardo Perrone alle scene, Noemi Consoli, che ha svolto il ruolo di assistente di scena, all'amministrazione Daniele Scalia Girgenti. Dei costumi si è occupato l'intero staff dell'associazione, mentre l'addetta stampa è stata la giovane e competente Chiara Lucia Germenà.

 

Francesca Sanfilippo

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