Violenza contro i disabili

 

È difficile essere disabile, ma essere una donna con disabilità è ancora più difficile


I dati su «La violenza contro le donne con disabilità", rilevati nel biennio 1° ottobre 2020 - 30 settembre 2022, riguardano complessivamente 230 casi di maltrattamenti contro conviventi o familiari, 63 dei quali su minorenni; 50 casi di violenza sessuale, di cui 9 su vittime minorenni; 21 episodi di atti persecutori (stalking), 3 dei quali nei confronti di minori».

Sono proprio questi i numeri pubblicati dal sito del Ministero della Difesa lo scorso 3 Dicembre 2022, Giornata della Disabilità, dall'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), struttura interforze incardinata nel dipartimento della Pubblica sicurezza, direzione centrale della Polizia criminale.

È più corretto definire la violenza contro donne con disabilità un male nel male. Le vittime subiscono una discriminazione multipla, che gli esperti definiscono "intersezionale" cioè causata da più fattori che non le rende più esposte, con maggiori probabilità di subire abusi sia dentro l'ambiente domestico che fuori, ma le espone alla violenza per periodi prolungati, a causa della loro vulnerabilità e, spesso, del loro isolamento, e limita la loro capacità di chiedere aiuto e di essere credute.

Le donne con disabilità sono dunque vittime delle stesse forme di violenza che colpiscono le altre donne ma con conseguenze più forti proprio per la particolare vulnerabilità. Da qui la notevole cifra che contraddistingue tali reati e il bisogno di tenere alta l'attenzione su un fenomeno che rimane nascosto ma, ancora troppo spesso, negato.

La polizia di stato vigila, ma giornalmente sentiamo notizie di violenza su persone con disabilità, di ogni genere e età: sessuale, fisica, bullismo in famiglia, in strutture, scuola e social network.

Ma perché questo fenomeno è sempre in movimento?

La FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap, ci ricorda che: il vero problema è «che in Italia, purtroppo, l’incitamento all’odio nei confronti delle persone con disabilità, basato su pregiudizi e stereotipi, non è considerato reato penalmente perseguibile, mentre invece andrebbe esteso l’elenco dei reati, per includerlo quale forma di discriminazione basata sulla disabilità». A tale proposito, ricordo a tutti voi il disegno di legge (DDL Zan) che fu oggetto di polemiche, proponeva di estendere ’applicazione delle sanzioni della Legge Mancino, che già punisce atteggiamenti e comportamenti discriminatori relativi all’etnia, alla razza e alla religione, anche a quelli relativi all’identità di genere, al sesso, all’orientamento sessuale e alla disabilità, venne affossato in Parlamento prima di diventare legge.

Di cosa si tratta?

In data 27 ottobre 2021 il Senato (durante la precedente legislatura) ha bocciato il DDL Zan, facendo cadere nello sconforto moltissimi cittadini che, come noi, avvertono la necessità di tutelare tutte le categorie di persone considerate “diverse” nella società, in quanto avrebbe tutelato gli omosessuali e i disabili, punendo le manifestazioni d'odio e i crimini contro questi ultimi.

Andiamo per gradi. Cosa prevedeva la proposta di legge?

La proposta di legge, di cui era relatore il deputato Alessandro Zan, è composta di dieci articoli ed unifica cinque disegni di legge: riguarda l’estensione della punibilità, già prevista dagli artt. 604 bis e 604 ter c.p. per le condotte di commissione di atti discriminatori o istigazione alla commissione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi, anche alle medesime condotte per motivi di genere, sesso, identità sessuale e orientamento sessuale.

Ma chiariamo come ho già detto, il testo iniziale della proposta di legge era stato aggiornato con emendamenti, tra i quali due che estendono il testo anche ai reati legati alla disabilità della vittima. A tal fine Zan: «(…)Abbiamo deciso di accogliere la richiesta proveniente da molte associazioni di persone con disabilità di estendere le previsioni degli articoli 604 bis e ter del codice penale anche ai delitti commessi per ragioni legate alla disabilità della vittima». Parole queste in linea con l'obiettivo della proposta di legge: il contrasto alle discriminazioni, all'odio e alle violenze.

Alla fine, come ho ampiamente sottolineato, la proposta di legge è stata bocciata. Però si commemorano "la giornata della donna", "la giornata della memoria", etc. Già, come se le donne con disabilità siano meno donne o peggio, che l'odio e la violenza sui disabili debbano restare impuniti.

Scopo delle varie Giornate è, oltre ricordare le vittime, anche sensibilizzare l’opinione pubblica su questo orribile fenomeno, che comprende il femminicidio, ma anche ogni forma di violenza di genere, che sia fisica e psicologica. Tuttavia sembra più logico parlare di violenza di genere, ossia quando è l’uomo a subire forme di violenza subdola, psicologica e morale da parte della donna, che utilizza una modalità velata, ma pericolosa e persistente che lede la serenità e talvolta mina la vita dell’uomo, istigandolo al suicidio. Da tali forme di violenza, i soggetti portatori di disabilità non sono immuni. Bisogna tener conto che anche le persone disabili, di entrambi i sessi, sono delle prede facili di soggetti violenti e deviati che tendono ad accanirsi contro persone fragili e limitate sotto il profilo motorio-fisico e/o psichico.

Nel noto Contratto per il Governo del Cambiamento”, stilato dalla vecchia maggioranza giallo/verde che sostenne il Governo Conte I, era prevista un’unica disposizione che sembra interessare donne e gli uomini con disabilità vittime di violenza. Essa prevede, finalmente, l’introduzione di nuove aggravanti ed aumenti di pena quando la vittima è un soggetto particolarmente vulnerabile, ovvero quando le condotte siano particolarmente gravi e premeditate.

In realtà è una misura in realtà è già presente nell’ordinamento giuridico italiano, e offre la possibilità a chi volesse tentare di fare qualcosa di concreto per affrontare e contrastare la violenza nei confronti delle donne o uomini con disabilità.

Dal momento in cui la legge non ci tutela in modo opportuno, l'unica cosa che possiamo fare è sensibilizzare sulla violenza sulle donne con disabilità: Alle testimonianze e alle dichiarazioni delle donne e delle ragazze con disabilità che raccontano la violenza o l’abuso sessuale deve essere dato il dovuto credito, e non ci deve essere alcuna discriminazione fondata sulla disabilità. Tali testimonianze vanno sempre verificate, mai scartate a priori. Va inoltre sottolineato che prevenire la violenza sessuale è fondamentale che le donne con disabilità ricevevano un’adeguata educazione all’affettività ed alla sessualità, nel rispetto della conoscenza del proprio corpo: parola d’ordine informazione per formazione.

(dal “Contratto per il Governo del Cambiamento”)

Essere disabili è già difficile, soprattutto è difficile trovarsi a vivere in una società malata e culturalmente ottusa; essere una donna con disabilità è ancora più difficile.

È possibile, in conclusione, che nel 2023 siamo tutti uguali di fronte alla legge… ma non per esserne tutelati?!

 

Viviana Giglia

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