Al “Centro Zō Culture Contemporanee” è andato in scena "Mi ricordo", per la sceneggiatura e la regia di Claudio Zappalà

 

Si sono concluse al centro artistico e culturale "Zō Culture Contemporanee" le repliche dello spettacolo teatrale Mi ricordo, di Claudio Zappalà, con Chiara Buzzone, Federica D’Amore e Roberta Giordano. Una produzione Barbe à Papa Teatro e C.T.M. Centro Teatrale Meridionale.

 


"Mi ricordo", andato in scena sabato 14 gennaio, alle 21, e domenica 15 gennaio alle 18, per la rassegna "Palco Off" di Catania, è il secondo spettacolo della trilogia Generazione Y, il cui primo appuntamento, “Il Coro di Babele”, è stato ospite di Palco Off nella scorsa stagione. La pièce è vincitrice del premio Milano OFF Fringe Festival 2022 e Per un Teatro Necessario. Dopo la rappresentazione ha avuto luogo un incontro fra il pubblico e le attrici, che hanno interagito in un intenso e proficuo dibattito sulle tematiche della memoria, le quali rappresentano il fulcro della storia scritta da Claudio Zappalà.


Una stanza immaginaria. Un attaccapanni pieno di indumenti sullo sfondo, al centro di quella che potremmo immaginare come la parete principale della stanza. Tre ragazze che appartengono alla generazione dei Millennials, altrimenti detta “Generazione Y”, quella dei nati fra il 1981 e il 19
96. Sedute davanti a delle scatole si accingono con ansia e trepidazione a rimuoverne il coperchio per estrarre, come un mago tira fuori un coniglio dal cilindro, oggetti avvolti dalla magia dei ricordi. Ogni oggetto è infatti legato a un aneddoto della loro storia personale, ma anche al periodo storico in cui è nata e cresciuta la loro generazione. Le protagoniste mostrano agli spettatori, loro compagni in questo viaggio a ritroso nel tempo, un ricco repertorio di articoli iconici che hanno spopolato in quegli anni, come i profumi dolciastri "Bonbons Malizia", o come il lettore di musicassette "Walkman Sony", oggi venduto nei migliori Vintage Shop on line per un prezzo decisamente meno abbordabile rispetto a quello a cui erano abituati i bambini e i giovani della generazione Y. All'inizio le tre protagoniste si raccontano attraverso gli oggetti con entusiasmo e nostalgia serena, ma poi insieme ai ricordi felici ne emergono altri più dolorosi, alcuni imbarazzanti. Il clima tranquillo con cui si apre la storia scritta da
Claudio Zappalà subisce delle perturbazioni soprattutto quando il racconto delle ragazze viene interrotto in maniera repentina dalla voce fuori campo di una hostess, e la stanza diventa un aereo, scosso da forti turbolenze che fanno sobbalzare le passeggere e tutto ciò che le circonda. Pian piano i drammi e le vicende personali delle ragazze si intrecciano alle tragedie e ai fatti di cronaca di quei decenni, come la morte di Lady Diana nel 1997, l'attentato alle Torri Gemelle nel 2001, la strage di Nassiriya nel 2003. Come la progressiva crisi economica iniziata in Italia negli anni ‘90 e destinata a degenerare fino ai primi anni del 2000, causata dai politici che negli stessi anni venivano sbeffeggiati da quella satira televisiva che noi millennials ingurgitavamo con spensieratezza durante il periodo delle scuole elementari o delle scuole medie inferiori. Le menti delle protagoniste si sono nutrite di questi traumi generazionali proprio mentre loro attraversavano il pericolante e sottile ponte che dall'età infantile conduce all'adolescenza. Tutto questo non può non aver influenzato la loro personalità, il loro presente, le loro vite. Ai momenti esilaranti della pièce, costellati anche da sigle famose degli anni ‘90, si alternano dunque scene cupe e piene d’angoscia e di pathos. In entrambi i casi le attrici hanno saputo trascinare con straordinaria maestria gli spettatori in una storia che è anche la loro. Una storia in cui tutti noi, e non solo le tre protagoniste, siamo chiamati a fare una scelta importante: se buttare via i ricordi che provocano in noi molta sofferenza, o accettarli quale parte integrante di quella vita che noi vorremmo spesso rivedere e correggere, come si fa con la bozza di un romanzo scritto male, rischiando così di trascinarceli dietro per sempre i traumi, anziché superarli, riconoscendo il ruolo che essi hanno avuto nella nostra formazione. Guardando dunque alla totalità del nostro vissuto e riconoscendo noi stessi come persone complete, rese autentiche e umane proprio dal dolore. Sarà proprio questa consapevolezza a permetterci di riscrivere una nuova e diversa sceneggiatura. Per noi e, a partire da noi stessi, per la società in cui viviamo. Perché il nostro intreccio personale è da sempre ben saldato alla più ampia filigrana della storia del mondo.

 

 

Francesca Sanfilippo

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