Antonella Caldarella ha messo in scena "Madri di Guerra" al Nuovo Teatro Sipario Blu



Venerdì 17 novembre, presso il Nuovo Teatro Sipario Blu, sito in Via dei Salesiani, 2, Catania, è andato in scena lo spettacolo teatrale "Madri di Guerra", della compagnia teatrale siciliana La Casa di Creta Teatro ArgentumPotabile, che ha sede nello spazio artistico e culturale Roots, di Via Borello, a Catania.

Lo spettacolo rientra nell'ambito della rassegna teatrale Rigenerazioni, ideata da “La Casa di Creta Teatro ArgenumPotabile”, e durante la quale gli spettacoli verranno ospitati da “Roots” e da “Nuovo Teatro Sipario Blu”. Il soggetto è stato scritto dalla regista, autrice e attrice teatrale Antonella Caldarella, che ne ha curato la regia, e in cui ha vestito i panni di Agata D'Amore, la defunta madre della giornalista Maria Grazia Cutuli, interpretata in questa pièce dalla giovane e talentuosa Maria Riela. "Madri di guerra” è infatti liberamente ispirato alla morte di una delle più coraggiose giornaliste e inviate degli ultimi decenni, deceduta nel 2001 a Kabul mentre svolgeva il suo lavoro. Le musiche sono state curate da Andrea Cable, figlio della Caldarella e dello sceneggiatore inglese Steve Cable.

Maria Grazia Cutuli nasce nel 1962 a Catania, città in cui cresce e studia, laureandosi con lode all'Università di Lettere e Filosofia. Dopo la sua collaborazione al quotidiano La Sicilia e all'emittente televisiva Telecolor si trasferisce a Milano, dove scrive per il periodico Centocose, edito da Mondadori, e per Epoca, diventando giornalista professionista. In quegli anni riceve Il suo battesimo nel giornalismo d'inchiesta grazie alla collaborazione con l'UNHCR, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati. A metà degli anni Novanta passa al Corriere della Sera, dove poi viene assunta a tempo indeterminato il 2 luglio 1999. Il 13 settembre del 2001, dopo gli attentati dell'11 settembre di New York viene inviata in Afghanistan. Il 19 novembre dello stesso anno, mentre si trova nei pressi di Sarobi, sulla strada che da Jalalabad porta a Kabul, a circa 40 chilometri dalla capitale afghana, viene colpita alla schiena con armi da fuoco, e muore. Il funerale si svolge nella città di Catania il 24 novembre, al Duomo di Sant'Agata. Il corpo è sepolto nel cimitero di Santa Venerina. Significativo è il fatto che lo stesso giorno della sua morte il “Corriere della Sera” abbia pubblicato il suo ultimo articolo, che riguardava la scoperta di un deposito di gas nervino nella base di Osama bin Laden.

Madri di guerra non è però uno spettacolo sulla vita della Cutuli, bensì racconta, a partire dalla tragicità della sua morte, del rapporto tra madre e figlia, un legame d’acciaio che inizia con il concepimento di un figlio, grazie al quale una donna nasce insieme al proprio figlio, ri-nascendo come madre, e che continua anche dopo la morte. La Caldarella afferma, infatti, di essersi immedesimata in tutte le madri che vivono in zone dilaniate dalla guerra e dai bombardamenti, soprattutto perché, come ha lei stessa confidato, all'epoca in cui è avvenuto l’omicidio della Cutuli era in dolce attesa, e ha sentito quindi il bisogno di scrivere e di dire la sua come madre. Non poteva che canalizzare questa sua empatia e la sua sensibilità nella scrittura di un testo estremamente potente e tenero, che ha visto un incubazione molto lunga. La sua stesura è cominciata infatti nel 2002. Inizialmente la Caldarella aveva pensato a se stessa nel ruolo di Maria Grazia, ma il debutto dello spettacolo non è avvenuto in quegli anni, bensì nel marzo del 2018 al Roots di Catania, nell'ambito della rassegna Underground rivers – Flussi teatrali nel sottosuolo cittadino, organizzata da “La Casa di Creta Teatro Argentum Potabile”. Allora le protagoniste erano impersonificate da Daniela Fisichella e Valeria La Bua, mentre Antonella Caldarella si era occupata della regia.

Nel gennaio del 2019 è poi andata in scena, sempre al “Roots” di Catania e come appuntamento della rassegna ”Underground Rivers”, la nuova edizione di “Madri di Guerra”, con Antonella Caldarella nel ruolo della madre e Valeria La Bua nel ruolo di Maria Grazia. La rappresentazione è tornata in scena quest'anno al “Nuovo Teatro Sipario Blu”, e al “Roots”, e continua a girare in vari teatri della Sicilia per le scuole superiori. È essenziale per la regista che questo spettacolo ancora attuale arrivi al pubblico e soprattutto alle nuove generazioni, le quali stanno crescendo in una società dove non si distingue più ciò che è reale da ciò che è virtuale, e dove i sentimenti e gli ideali sono ormai evanescenti. Oggi più che mai, raccontare storie vere di uomini e di donne che per i più elevati ideali umani hanno donato la loro vita, è fondamentale per non rassegnarsi al degrado morale e alla mediocrità umana che derivano dall’individualismo più spicciolo e da carenti interventi pedagogici in merito. Le tappe di questo tour teatrale non sono circoscritte alla nostra isola, infatti “Madri di guerra” è andato in scena anche a Sassari, nell'ambito del Festival “Girovagando”, organizzato da Theatre En Vole. Verrà inoltre ospitato da Teatro Spazio 18b, a Roma, il 24 e il 25 novembre, e si prevede di farlo girare in tutta Italia, in particolar modo nelle scuole.



Oltre la rapporto fra madre e figlia, altre riflessioni suscitate dalla penna di Antonella, riguardano la forza delle donne, il rapporto che tutti noi abbiamo con la morte, e il rapporto che abbiamo con la guerra. Non soltanto la guerra intesa come conflitto tra Stati, ma anche come l'insieme dei nostri conflitti quotidiani, all’interno della nostra casa, nei nostri rapporti interpersonali. E il perenne amore conflittuale che ogni nativo siciliano, dotato di un forte senso etico, nutre nei confronti di contesto geografico segnato da sopraffazione, ipocrisia, e omertà.



La scena iniziale sia apre con Agata, la madre della giornalista, che parla alla figlia mentre ripone dei fiori dentro un vaso, indossando un abito nero, com’è ancora consuetudine nel Sud Italia quando si subisce un lutto familiare. Maria Grazia, all’inizio dello spettacolo è distesa sul suo letto di morte, e indossa un abito da sposa. La madre, che avrebbe voluto vedere la figlia sposata e con figli, decide che vuole vederla indossare l’abito bianco almeno una volta, anche se da morta. Mentre guarda Maria Grazia distesa le chiede, anche se in fondo conosce la risposta, la ragione per la quale ha scelto una vita pericolosa piuttosto che una sicura, e “normale”, nella sua terra d’origine, ed esprime con voce sempre più straziata il dolore e l’impotenza di fronte alla sua morte. Improvvisamente la figlia, come se si stesse svegliando da un sonno profondo, le risponde. Inizia da questo momento in poi un dialogo accorato fra madre e figlia, i cui temi centrali sono il valore della verità e della giustizia, ma soprattutto la gioia di vivere, contrapposta al dolore del lutto, capace di resistere alle brutture e ai drammi della vita. Le dicotomie dolore/gioia, vita/morte sono rappresentate in questa pièce dal nero, che caratterizza l'abito da lutto, e dal bianco dell’abito da sposa. Far indossare al personaggio di Maria Grazia l’abito da sposa, è stata infatti una scelta drammaturgica della regista, che per l’occasione ha usato il suo abito nuziale, finalizzata a creare il contrasto tra questi due colori, o meglio il contrasto tra tutto ciò che essi simboleggiano. Il nero è il dolore, il ripiegamento e l’annullamento nel lutto, il quale nel momento in cui non viene vissuto come un trauma annichilente, genera quasi vergogna di sé nella persona che lo osserva. Il bianco, invece, è la vita. È il candore degli ideali e, sopra ogni cosa, la luce della rinascita interiore, nonostante la morte, che pure contiene in sé, paradossalmente, anche la felicità. Soprattutto quando si è vissuto con pienezza, e quando il nostro lavoro ha rappresentato per noi una via per tentare di realizzare un mondo migliore, donando un senso profondo alla nostra esistenza.



Il bianco è la vita che scalpita anche dentro il dolore. Che chiede ascolto, lo ottiene, e così vince contro la morte. Ed è proprio questo uno dei messaggi più importanti che Maria Grazia tenta di trasferire alla madre, in un dialogo in cui il ruolo della madre e quello della figlia, ora si manifestano nella loro verità, ora si invertono. Non mancano momenti di ilarità che alleggeriscono la tensione emotiva, sorretta in modo encomiabile da due interpreti talentuose e intense, di un racconto che, pur nella sua drammaticità, risplende di dolcezza e di pura speranza.

  

Francesca Sanfilippo


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