Al Teatro Vitaliano Brancati è andato in scena il monologo "Sconosciuto in attesa di rinascita"

 


Uno degli spettacoli più di impatto della seconda edizione del Catania Off Fringe Festival è "Sconosciuto in attesa di rinascita", di e con l'attore Sergio Del Prete, andato in scena al Teatro Vitaliano Brancati nei giorni 19, 20, 21 e 22 ottobre.

Sergio Del Prete, classe 1986, ha una formazione artistica a tutto tondo che spazia dalla recitazione alla scrittura, al canto, alla danza moderna, e alla pittura. La sua formazione nell'arte della recitazione può vantare una ventina di stages inerenti alla recitazione drammatica, la commedia dell'arte, la recitazione cinematografica e tanti altri percorsi professionalizzanti. La sua carriera in teatro è iniziata nel 2005 e si è arricchita negli anni di esperienze diversificate in teatri importanti, lavorando con professionisti di spessore. Ha recitato anche al cinema e in alcuni cortometraggi, oltre che in sceneggiati televisivi di successo come Rosy Abate 2 e I bastardi di Pizzofalcone 2.

Il monologo "Sconosciuto in attesa di rinascita" è stato accolto con successo dal pubblico e da due anni continua a girare per i teatri italiani.

Il protagonista è un comune giovane arrabbiato e ribelle. Un ragazzo con l'anima sperduta e spaventata, come lo è stata quella di ognuno di noi, in gioventù o in qualunque periodo nero della nostra vita. Lui potrebbe essere uno dei tanti sconosciuti che vediamo per strada e che provano i nostri stessi sentimenti. Potrebbe essere uno di noi. Noi siamo stati lui, e potremmo tornare ad esserlo. Nella prima scena vediamo il ragazzo girare attorno a un cerchio immaginario sul palco. Ride. Prima in modo sardonico e goliardico, poi ansimando, mentre i suoi passi sono sempre più concitati e la risata sempre più isterica, fino a sconfinare in rantoli di paura. Poi si ferma. E inizia un monologo che, in questi primi minuti dello spettacolo, ha i connotati di uno sfogo. Il protagonista è esasperato. Non riesce a stare al mondo. Non riesce a raggiungere le persone, né a farsi raggiungere da queste. Colpisce, a tal proposito, una delle asserzioni più rappresentative di questo stato d'animo:

Ma non si può vivere in un mondo di sconosciuti? Gli sconosciuti ti sorprendono sempre e non ti deludono mai. Via via che lo sfogo prosegue, sulle note di una musica dance di cui il protagonista tenta di seguire i passi, liberandosi della cravatta e delle sue zavorre emotive, il monologo diventa un racconto della propria vita, la quale rappresenta per lui soltanto dono indesiderato, che quindi rifiuta, poiché gli risulta insopportabile. Racconta di sé, del senso di inadeguatezza durante la fase adolescenziale, dell'isolamento, degli amori finiti prima ancora di iniziare. Di una vita ai margini, nelle periferie di Napoli. In un quartiere dimenticato da Dio, dove ognuno segue il suo dio. Di una quotidianità asfissiante in una famiglia patriarcale dove regna l'incomunicabilità.

Ed è proprio durante una lite familiare che verrà rivelata una verità che avrà un forte impatto sul ragazzo: prima che lui nascesse i suoi genitori avevano concepito un altro figlio, e sua madre era stata costretta dal marito ad abortire. Da quel momento il protagonista cade vittima di una profonda crisi esistenziale, e si lancia in un'invettiva sempre più irruente contro il fratello mai nato, al quale tenta di scaricare il peso della sorte che gli è toccata. Apparentemente questo rimprovero è uno sterile soliloquio, teso a vomitare i propri fantasmi interiori, ma successivamente si rivelerà un vero e proprio gioco di specchi tra il figlio abortito e il figlio che si sente un aborto, un rifiuto in mezzo ai rifiuti del suo quartiere.


I toni rabbiosi e disperati sono però smorzati, in questa pièce, dalla dolcezza e dalla poesia, grazie ad un altro incontro importante di questa storia: quello fra il ragazzo e una prostituta, Marta. Una sconosciuta dalla quale si sente per compreso e protetto, per la prima volta in vita sua. L'attore in questo frangente gira le spalle al pubblico simulando gli incontri e i dialoghi fra due personaggi, che in quegli abbracci forsennati si spogliano dei ruoli che recitano nella vita quotidiana, le centomila maschere pirandelliane, e si aprono l'uno all'altra in una sorta di paradiso artificiale ma in fondo autentico, dentro un stanza da letto dove la luce dei loro attimi di passione e comunione illumina un cielo che appartiene soltanto a loro. Ma tutto questo non basterà ad aiutare il protagonista nella sua rinascita, sebbene la donna avrà un ruolo cruciale nella sua storia. Una storia che non poggia, però, banalmente, sull'amore fra un uomo e una donna. È l'amore per sé stessi il primo protagonista, nonché il vero sconosciuto, di questo racconto, dove Sergio Del Prete riesce a passare dalle tinte passionali e rabbiose a quelle più tenui, soavi e commoventi, rendendole tutte con la stessa densità e forza emotiva. Senza retorica ma solo con parole scritte col cuore e col sangue. L'amore di sé è impossibile se non impariamo a guardare davvero gli altri, ma soprattutto se non riusciamo, attraverso un confronto sincero e rivelatore con il mondo che ci circonda, a penetrare il fondo della nostra anima.

Attraverso quale abbraccio e quale sguardo quel ragazzo spaventato riuscirà in questo coraggioso e necessario atto di maturità? Grazie a Marta? Al padre di cui sente l'ombra prepotente da quando è nato? Alla madre, che lo ha sempre amato incondizionatamente, o al fratello che non ha avuto? Non rimane che scoprirlo guardando uno spettacolo ricco di saggezza e di un sentire forte, dove la verità si mostra davanti agli spettatori rimuovendo un velo dopo l'altro, e che ci insegna a uscire dal circolo vizioso e senza fine del vittimismo, del ripiegamento in sé stessi e nelle proprie paure. A riconoscere le nostre fragilità senza annegarci dentro, per tuffarsi nella consapevolezza e nella vita, come nel mare che bagna Napoli e che è tanto caro al ragazzo/Sergio. Lo stesso mare che anche quando viene maltrattato rimane sempre un grande simbolo di libertà e di completezza.

 

Francesca Sanfilippo

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