Facciamo un’analisi su fenomeni apparentemente lontani, eppure all’ordine del giorno

 

Image: © Nevit Dilmen

Il titolo dell'articolo sembra un ossimoro perché i due termini sono totalmente opposti, oppure sono due argomenti strettamente connessi? Il primo è il futuro dell’umanità nonché quello del mondo del lavoro. Il secondo, analfabetismo funzionale, è un fenomeno con cui oggi ci troviamo a combattere e che sta avendo effetti da alcuni definiti come devastanti.

Però, per meglio capire, partiamo da un elemento fondamentale: l’ingresso della tecnologia nel nostro quotidiano coincide con l’inizio dell’incremento dell’analfabetismo funzionale, cioè l’incapacità di un individuo di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per raggiungere i propri obiettivi e interagire.

Definizione coniata dall’UNESCO nel 1984 per definire l’analfabetismo funzionale come «a condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità».

Ovviamente l’aggettivo funzionale è stato aggiunto per distinguere la normale alfabetizzazione scolastica, che coinvolge le competenze, applicazioni, apprendimento e capacità di analisi, dall’alto livello di alfabetizzazione che prevede un’applicazione pratica e l’uso continuativo delle abilità di lettura e scrittura.

È allora corretto dare la colpa ad internet ed ai PC?

Le responsabilità sono ovviamente individuali e vanno valutate in ogni singolo caso. Per questo motivo dobbiamo prendere atto che l’effetto Dunning-Kruger (vale a dire la distorsione cognitiva di chi poco esperto in un determinato campo tende a sopravvalutare le proprie abilità e competenze, autovalutandosi esperto, sottovalutando pericoli e rischi ed infine Incurante delle conseguenze del suo comportamento) e l’abbassamento medio del livello intellettivo medio noto come la effetto Flynn, sono altri due fenomeni coevi all’uso di internet, e dei social in particolare, che inducono a serie riflessioni.

L’alfabetizzazione digitale è invece la competenza richiesta che va per la maggiore nel mondo del lavoro che si muove sulla rete e necessita di personale formato e sempre più aggiornato non solo nell’utilizzo dei terminali di ultima generazione che si rinnovano sul mercato molto velocemente. Non hanno più bisogno di coloro che dichiarano di essere in possesso delle competenze cosiddette basic nell’uso dei computer, ma di chi sia grado di ottenere i risultati più performanti in maniera rapida. L'alfabetizzazione, però, non è un semplice processo di apprendimento cognitivo di nozioni; ma è un vero e proprio approccio culturale che impone un’attività rivolta anche all’ingresso in un nuovo mondo del lavoro e di produzione che dipende sempre dall’informatica e ai suoi algoritmi che regoleranno l’internet delle cose (IoT - “Internet of Things”) in un mondo sempre più interconnesso.

In Italia com'è la situazione a riguardo?

Stiamo parlando di uno dei problemi più comuni della nostra società contemporanea e l’Italia è il paese europeo peggiore per quanto riguarda il livello di analfabetismo funzionale.

«Il livello di analfabetismo funzionale in Italia. I dati più attendibili a cui far riferimento sono quelli dell'indagine Piaac – Ocse (2019). Secondo queste statistiche, in Italia, il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. Il dato è tra i più alti in Europa, eguagliato dalla Spagna e superato solo da quello della Turchia (47%)». (https://asnor.it/)

Per cercare di arginare il fenomeno dell'analfabetismo funzionale occorre iniziare con il restituire il giusto valore a due attori fondamentali: la famiglia e la scuola. È proprio al loro interno che posso essere messe in atto le azioni più importanti per contrastare l'analfabetismo funzionale. E l'alleato più forte è senza dubbio la lettura.

All'interno della famiglia e della scuola bisogna abituare i ragazzi alla lettura di libri in qualsiasi formato, implementare sintesi e descrizione, in modo da consentire di fronteggiare le problematiche correlate all'analfabetismo funzionale:

  • comprensione di testi indirizzati a persone comuni (es. articoli di giornale, dizionari, regolamenti, bollette);

  • capacità di eseguire anche semplici calcoli matematici (es. calcolo di sconti in percentuale);

  • conoscenza dei fenomeni storici;

  • capacità di senso critico;

  • abilità nell’utilizzare gli strumenti informatici.

È dunque lecito parlare di: "analfabetismo di ritorno"?

«Analfabetismo di ritorno - Espressione riferita a quella quota di alfabetizzati che, senza l’esercitazione delle competenze alfanumeriche, regredisce perdendo la capacità di utilizzare il linguaggio scritto per formulare e comprendere messaggi. L’analfabetismo di ritorno ha dunque effetti determinanti sulla capacità di un soggetto di esprimere il proprio diritto alla cittadinanza (dal voto al diritto all’informazione, alla tutela sul lavoro ecc.) e di potersi inserire socialmente in modo autonomo. I semianalfabeti, ossia coloro in possesso della sola licenza elementare, che rappresentano la quota più a rischio di analfabetismo di ritorno, potrebbero non perdere le competenze alfabetiche se il sistema educativo nazionale prevedesse di integrare i piani formativi con esperienze regolari e durevoli di educazione degli adulti». (https://www.treccani.it/)

L’analfabetismo di ritorno va a braccetto con l’analfabetismo funzionale: come già detto, sono problematiche che hanno una certa rilevanza nella nostra società contemporanea.

È per vero che ormai siamo tutti sempre più connessi: Tablet, pc, smartphone; utilizzando un linguaggio molto slim tipo: " cpt, cmq, xkè, ki". Io non so a quanti di voi è capitato di leggere temi o cose simili scritti dagli studenti contemporanei? Questi sono proprio tra gli errori più frequenti.

Possiamo capire che gli analfabeti di ritorno sono tutte quelle persone che, anche se scolarizzate, col tempo, perdono le competenze acquisite evidenziando difficoltà nella lettura e scrittura. Ciò avviene per il mancato esercizio di quelle stesse competenze alfanumeriche, apprese e lasciate lì in un angolo, negli anni, senza attenzioni né cure.

In conclusione si può dedurre che, viviamo in una società sempre più complessa e globale, la cultura e più in generale la conoscenza della realtà dovrebbero crescere per riuscire a garantire una capacità di risposta adeguata ai nuovi problemi.

«La cattiva conoscenza dell’italiano scritto e il cattivo rapporto con la lettura è un pesante limite per tutta la nostra vita sociale che ci trasciniamo dietro da molti anni e che diventa sempre più grave perché man mano che le tecnologie si sviluppano, si alza sempre più la richiesta di competenze. Non possiamo più permetterci il lusso dell’ignoranza che ci siamo concessi per molto tempo». (Tullio De Mauro)

 

Viviana Giglia

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