Alcune notizie sulla più grande fotografa italiana
L'arte si fa ricordare soprattutto quando riesce a leggere, a penetrare la realtà, raccontando i suoi splendori, ma anche denunciando le sue brutture e le sue ingiustizie. La fotografa e fotoreporter Letizia Battaglia ne è un esempio fulgido.
Letizia Battaglia nasce a Palermo il 5 marzo del 1935. Nel 1969 inizia la sua carriera come fotografa nella sua terra natale, collaborando al giornale palermitano L'Ora. È l'unica donna a scrivere al giornale, e lo fa in un contesto dove, fra le tante e gravi disuguaglianze sociali, non mancano quelle di genere. In una Sicilia fortemente segnata dal patriarcato, e da stereotipi di genere dei quali ancora oggi fatica a liberarsi, sebbene siano stati fatti molti passi in avanti.
Letizia fotografava il popolo, abusato dai mafiosi. Ma non si limitava soltanto a denunciare le violenze della malavita. Lei era vicina alla sua gente, ai palermitani, a prescindere se fossero meno vittime della mafia. Li ritraeva durante la loro vita quotidiana, segnata dalla povertà, dalle lotte per sbarcare il lunario, ma anche caratterizzata da una grande umanità. Un'umanità che l'artista captava in ogni singolo particolare, scegliendo sempre lo scatto giusto per immortalare le espressioni più autentiche dei suoi soggetti, tra i quali figurano per lo più donne e bambini. Un esempio è dato dalla fotografia intitolata "La bambina con il pallone", un famoso ritratto che ha fatto il giro delle gallerie del mondo.
La fotografa amava anche raccontare la sua gente anche mentre viveva momenti di gioia e di solidarietà. La sua è anche un'arte celebrativa, dunque, non soltanto uno strumento di denuncia, sebbene quest'ultimo aspetto costituisce la finalità più importante dei suoi lavori.
Nel 1970 Letizia Battaglia si trasferisce a Milano, collaborando con diverse testate giornalistiche. Successivamente ritorna a Palermo, dove fonda il Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato. Nel 1974, racconta con le sue fotografie l'inizio degli anni di piombo della sua città: i delitti di mafia, la guerra civile, le tensioni politiche, il terrrorismo, l'egemonia del clan dei corleonesi. È determinata più che mai a informare l'opinione pubblica e a scuotere le coscienze. Alcuni suoi scatti hanno rappresentato una potente arma per la giustizia, come ad esempio le foto scattate all'hotel Zagarella, che ritraggono gli esattori mafiosi Salvo insieme a Giulio Andreotti, e che furono acquisiti agli atti per il processo.
Il 6 gennaio 1980 la Battaglia è la prima fotoreporter a giungere sul luogo dell'omicidio di Piersanti Mattarella. Nel suo archivio possiamo ritrovare una foto in cui Sergio Mattarella, il futuro Presidente della Repubblica, sorregge il cadavere del fratello Piersanti, appena assassinato nella loro automobile.
Sempre negli anni 80 fonda insieme a Franco Zecchin l'agenzia Informazione fotografica, frequentata da Josef Koudelka e Ferdinando Scianna. Lì prende vita il “laboratorio d’If”, un centro di formazione destinato a giovani aspiranti fotografi, i quali, oltre a ricevere una formazione sull'arte della fotografia, imparano ad acquisire consapevolezza sul mondo e sulla società che devono fotografare, allo scopo di condividere con altri cittadini questa conoscenza, e di cambiare ciò che in quella società non è in linea con i fondamentali e irrinunciabili diritti umani. Lo sviluppo di una visione critica sul mondo non è dunque meno importante delle competenze tecniche, ma è altresì un principio basilare su cui fondare la formazione di nuovi fotoreporter. Tra i professionisti forgiati dalla Battaglia ci sono sua figlia Shobha, Mike Palazzotto e Salvo Fundarotto.
L'artista ha raggiunto negli anni una fama internazionale e ha ricevuto diversi riconoscimenti. È stata infatti la prima donna europea a ricevere nel 1985 il Premio Eugene Smith, riconoscimento internazionale finalizzato a ricordare il fotografo di Life. Lo ha ricevuto in ex aequo con l'americana Donna Ferrato. Altri premi sono il Mother Johnson Achievement for Life, che le è stato conferito nel 1999, e il Cornell Capa Infinity Award (2009).
Ha esposto le sue fotografie e i suoi reportage in tutta Europa, non soltanto in Italia: nell'Est Europa, in Francia, nello specifico al Centre Pompidou di Parigi, in Gran Bretagna, in America, in Brasile, in Svizzera e in Canada. Alcune sue mostre importanti: Palermo amore amaro, nel 1986 a Palermo; Fotografie dalla Sicilia, nel 2002, presso i Cantieri Culturali della Zisa, (Palermo); Letizia Battaglia 1974- 2011, presso il Palazzo Chiaramonte di, in occasione del "Palermo Pride" 2011; Passione, giustizia e libertà (Torino, 2006).
Le sue lotte sociali e la sua vocazione alla libertà e alla giustizia sono documentate nella monografia che ha il titolo di una delle mostre poc'anzi citate, "Passione, giustizia e libertà", edita da "Motta edizioni".
Dopo la strage di Capaci il 23 maggio 1992, durante la quale fu ucciso il giudice antimafia Giovanni Falcone, Letizia Battaglia si allontana dal mondo della fotografia. Dal 2000 al 2003 dirige la rivista bimestrale Mezzocielo, nata da una sua idea nel 1991 e realizzata soltanto da donne.
Il 2003 è l'anno in cui si trasferisce a Parigi, delusa a causa del clima sociale di quegli anni, ormai caratterizzato dalla rassegnazione, e per il senso di emarginazione che spesso colpisce chi lotta da solo contro la mafia. Nel 2005 ritorna a Palermo. Nel 2008 appare in un cameo nel film di Wim Wenders Palermo Shooting.
Sebbene fosse da tempo lontana dalla fotografia e stesse attraversando un periodo di crisi esistenziale e artistica, non smette comunque di essere vicina alla sua città, alla realtà che la circonda. Rimane invece sensibile e ricettiva nei confronti dei nuovi fuochi rivoluzionari che divampano per radere al suolo le disuguaglianze sociali. Si avvicina infatti ai gruppi LGBTQIA+ di Palermo e nel 2011, proprio grazie a un'iniziativa del "Palermo Pride", torna a esporre le sue opere in città.
Oltre al suo attivismo sociale portato avanti grazie alla sua arte, Letizia Battaglia si è dedicata anche alla politica, tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta. Ha ricoperto il ruolo di consigliera comunale con i Verdi, ed è stata assessora comunale a Palermo con la giunta Orlando. Dopo la fine di questo incarico ha lavorato come consulente esterna per il carcere. Nel 1991 è stata eletta deputata all'Assemblea regionale siciliana con La Rete, nell'XI Legislatura. Durante questo periodo è stata anche vice presidente della Commissione Cultura. Nel 2012 si è candidata con una lista congiunta Verdi - Partito della Rifondazione Comunista alle comunali, ma non è stata eletta.
Nel 2017 inaugura, nei “Cantieri Culturali della Zisa”, il Centro Internazionale di Fotografia di Palermo da lei diretto, che funge da museo, da scuola di fotografia, e da galleria d'arte. Nel 2019 inaugura una grande mostra monografica retrospettiva di tutta la sua carriera. La mostra si tiene a Venezia nella “Casa dei Tre Oci”. Nel 2022, il pubblico assiste alle sue ultime grandi mostre, presso le città di a Forlì e Roma. È l'ultimo dono ai cittadini prima che un tumore metta fine alla sua vita, una sera del 13 aprile 2022, all'età di 87 anni.
Durante un'intervista rilasciata per "Antimafia Special", Letizia Battaglia ha parlato del suo rapporto con le forze dell'ordine, di quanto l'abbiano amareggiata, negl anni 70, i comportamenti repressivi delle stesse nei confronti dei giovani che manifestavano contro le iniquità e la mafia. Ha poi dichiarato che al suo ritorno a Palermo, negli anni 80, nonostante la collusione della polizia con le cosche mafiose avesse preso piede da tempo, incontrò il vicequestore e capo della squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano, il quale sosteneva i giornalisti e i fotografi antimafia.
Il contatto con questa personalità integerrima, che ha poi pagato con la vita il suo amore per la giustizia sociale, restituì la fiducia nelle forze dell'ordine a Letizia, la quale, nonostante l'amarezza e la solitudine, che spesso accompagnano chi lotta contro un cancro sociale qualsiasi, che si tratti di mafia o di altre realtà, non si è mai arresa.
La storia di Letizia e il suo operato non rappresentano, dunque, soltanto un esempio di cosa vogliano dire davvero parole come "etica", "amore", "giustizia", "solidarietà". La storia e l'arte di Letizia vogliono dire prima di tutto "resistenza". Lottare sempre, e nonostante tutto e tutti. Questo conta.
Un cuore di seta, perché mosso dall'empatia e dalla vicinanza agli oppressi. Ma una mente e una volontà di ferro. Questa era, e sarà sempre, Letizia Battaglia.
Francesca Sanfilippo