Al Centro Zo Culture Contemporanee si sono concluse le repliche della pièce diretta da Ivano Torre

 


In occasione del Catania Off Fringe Festival, nei giorni 19, 20, 21 e 22 di ottobre, è andata in scena alla Sala Grigia del Centro Zo Culture Contemporanee la pièce teatrale “Medusa”, prodotta da "Movimart Lagotina" di Lugano (Svizzera), per la regia di Ivano Torre, batterista, compositore di musica, direttore d'orchestra, direttore di coro. A vestire il ruolo della protagonista l'attrice Valentina Barri.

Nel Festival di quest'anno è stato selezionato un gran numero di spettacoli teatrali, dando spazio anche a compagnie provenienti da molte regioni d'Italia e da altri paesi europei. Ma la novità assoluta è l'ampio ventaglio di generi teatrali offerto dal Festival: si spazia dal teatro di prosa all'improvvisazione, alla clowneria, al genere multidisciplinare, il quale comprende il teatro fisico e qualsiasi forma di rappresentazione che valorizzi la commistione fra il linguaggio teatrale e quello delle altre arti performative, non ultima la musica.

Rientra in quest'ultimo genere "Medusa", performance multidisciplinare che, usando come pretesto il mito di Medusa e, tramite questo, il tema della trasformazione, conduce lo spettatore verso un viaggio catartico che non appartiene soltanto alla mostruosa creatura mitologica, ma ad ogni essere umano che viene al mondo, e che nel mondo vive, scoprendone la bellezza ma anche gli orrori, godendo e talvolta subendone le conseguenze, sia sul piano emotivo che su quello esistenziale.

Lo spettacolo è introdotto da un tappeto sonoro costituito da sintonizzatore, piccola grancassa e gong, un impianto che Ivano Torre gestisce mescolando con destrezza il colore tecno dell'esecuzione musicale e quello acustico. Questa musica sciamanica si diffonde nella platea, in sottofondo si sentono parole inerenti al mito di Medusa, ma accorpate a voci aliene e frasi sconnesse prese da enciclopedie, mentre sul pavimento giace il corpo dell'attrice che si muove da sotto un velo verde, il quale funge da possibile grembo. Il ritmo è sempre più incalzante e le note fluiscono per un tempo lungo come le doglie di un parto. Si sente anche il suono di un respiro, sempre più intenso e a un certo punto ansimante, che conferisce solennità a un momento generativo.


In mezzo a questo preludio la creatura finalmente prende forma, pian piano si alza e avanza verso il pubblico con movimenti decisi, cadenzati ma fluidi, fino a quando rimuove il velo. Medusa è appena venuta al mondo, ed è come se fosse stata partorita dalle viscere della Terra attraverso una sorta di rito iniziatico. Le parole in sottofondo continuano e le percussioni le sovrastano, come a indicare che la dimensione primordiale della vita e la dimensione inconscia della psiche, prevalgono sulla razionalità dell'io cosciente, e sul sapere sterile. Medusa alza il mento e si guarda intorno, i suoi occhi e la sua gestualità esprimono la meraviglia che provano bambini di fronte a un mondo nuovo, e una sorta di tacita gratitudine, il tutto reso con grande espressività ed estrema sensibilità dall'attrice. La protagonista si rivolge un po' al pubblico e un po' a sé stessa, e comunica con la voce ma sono suoni incomprensibili i suoi, perché Medusa non può parlare. Lei è un corpo che funge da veicolo per il canto che giace nei fondali dell'anima e che mai potrà essere sepolto dalle sovrastrutture della mente umana. Un canto che nei suoi toni più cupi si esprime con giravolte, contorsioni selvagge, spasmi e urla isteriche, e in quelli più luminosi si sgorga libero, accompagnato da una danza in circolo e da movimenti sinuosi e ondeggianti, come a voler richiamare le meduse che popolano il mare, principio di vita sulla Terra.

Sono dunque i linguaggi universali della musica, dei gesti e del corpo ad arrivare come frecce al pubblico. Significanti e potenti.


Segue un momento intenso in cui Medusa raccoglie dei bigliettini da terra, li apre e li legge: sono possibili messaggi mandatele dall'Universo, che la informano sulla violenza che lo pervade. Ed ecco che lo stupore bambino lascia il posto allo strazio e al pianto. Medusa cammina concitata proferendo "parole" di inquietudine e desolazione. Il mondo che l'aveva accolta e che lei aveva accolto non è più rassicurante e materno. La musica si adatta al suo stato psichico. Anche la protagonista rimane vittima della violenza. Significativa è la scena in cui è in posizione prona, dopo che una forza esterna l'ha scaraventata a terra, e mentre solleva il corpo dal suo ventre esce un velo rosso sangue. Sarà questo il colore che indosserà d'ora in poi prima dell'apoteosi del suo viaggio. Ma prima verrà evocato un evento iconico che richiama al mito greco, quello in cui Medusa si trasforma da bellissima donna a mostro. Questo frangente viene rappresentato dall'attrice quando copre il suo volto con un sacco, sul quale disegna con movimenti lenti un viso orrendo e ghignante. Mentre le parole in sottofondo non si sentono più da un po', la musica continua ad essere sempre più perturbante, in un crescendo che sfocerà poi nella fine del viaggio di Medusa, che in realtà è un nuovo inizio: una rinascita nella luce dell'amore e della gioia, simboleggiati dal velo giallo che alla fine Medusa indossa come un mantello, oscillando come un angelo, ballando senza sosta e disegnando con i suoi passi delle giravolte lunari.

La vera trasformazione avviene infatti, nell'essere umano, laddove egli celebra la vita e la sua bellezza. Laddove egli riesce ad amare il mondo nonostante le tragedie e la violenza. La trasformazione è una danza dedicata all'Universo e al contempo un inno alla vita.

 

Francesca Sanfilippo

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